Le Province in Emilia-Romagna scendono da nove a quattro, mentre nelle Marche passano da cinque a quattr con una feroce spaccatura interna. In Liguria le Province da quattro diventano due, il Veneto vuole mantenere tutte e sei le attuali amministrazioni provinciali, mentre l’Abruzzo ha già deciso che si passerà da quattro a due Province. Sono state formulate Ieri le prime proposte che dovrebbero portare a un riordino delle di questi enti locali nelle Regioni a statuto ordinario dalle attuali 86 a 44, a cui si aggiungono le dieci città metropolitane, come previsto dal decreto di riordino voluto dal governo Monti.
L’intera fase del processo di riordino delle Province si concluderà questa settimana. Entro domani, infatti, i Consigli delle autonomie locali (Cal) o, dove non siano presenti, le Conferenze permanenti delle autonomie, voteranno le prime ipotesi di riordino da consegnare alle Regioni, cui spetterà entro il 25 del mese in corso di chiudere la proposta definitiva da inviare al Governo.
«Il processo di riordino delle Province e delle città metropolitane – spiega il presidente dell’Upi, Castiglione – è ormai avviato nonostante, com’è ovvio, le difficoltà e le resistenze che sono emerse nei territori fin da quando il governo avanzò il piano di riordino degli enti locali. È un percorso virtuoso, che le Unioni regionali delle Province stanno sostenendo con forza, cercando sempre la massima collaborazione con le Regioni e i Comuni dei territori. Siamo convinti che da questo processo si svilupperà un nuovo modello di amministrazione locale e statale più snello. Un modello che sia in grado di sostenere il rilancio del Paese e l’uscita dalla crisi».
In alcune Regioni, come si è appena detto, la situazione si è definita già ieri. Oggi sono attese le votazioni dei Consigli delle autonomia locali di Lombardia, Toscana, Campania, Umbria, Lazio, mentre domani sarà il turno di quello del Piemonte. Le Regioni Molise, Calabria, Puglia e Basilicata non hanno istituito il Cal. Pertanto, in queste Regioni il dibattito si sta svolgendo nelle Conferenze delle autonomie locali. Qualora le Conferenze delle autonomie non si pronunciassero entro domani, sarebbero le Regioni a dovere configurare ipotesi di riordino. Se neanche le Regioni presentassero la proposta, sarebbe il governo a definire il nuovo assetto delle Province, secondo quanto stabilito dalla legge 135 emanata quest’anno.
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