Una lettera ai candidati alla presidenza della Regione per chiedere di inserire come uno dei punti fondamentali del programma di governo che ognuno di loro presenterà all’elettorato la realizzazione della “Vita Indipendente” per le persone che, a causa del loro handicap, hanno bisogno di essere continuamente assistite. A scriverla Carmelo Comisi, presidente del Movis (Movimento Vita Indipendente Sicilia) il quale spiega che obiettivo principale dello stesso movimento è la concreta realizzazione, anche in Sicilia, del progetto “Vita indipendente” che mira, attraverso il superamento della logica dell’assistenzialismo e dell’ospedalizzazione, all’autodeterminazione ed al pieno inserimento nella società dei disabili gravi.
“Gli strumenti per ottenere ciò sono essenzialmente due – spiega Comisi – gli assistenti personali e le agenzie di Vita Indipendente. L’assistente personale è una figura professionale distinta dall’assistente domiciliare. Tra gli assistenti e l’assistito si configura un normale rapporto d’impiego ed è il disabile stesso che decide il servizio, concordando direttamente mansioni, orari, modalità, tipo di contratto e retribuzioni. Ovviamente non si esclude che uno o più degli assistenti personali possano essere amici, familiari, parenti; le Agenzie di Vita Indipendente sono agenzie di servizi di assistenza legale, fiscale o di altro genere, gestite esclusivamente da personale disabile. Queste agenzie operano in collaborazione con gli enti governativi locali per l’abbattimento delle barriere architettoniche”.
“Nonostante siano diverse le nazioni europee in cui la Vita indipendente è già realtà e due documenti internazionali (dell’Onu e dell’Ue) riconoscono la parità dei diritti alle persone disabili- aggiunge Comisi- in Italia manca una legge a livello nazionale, anche se sono previste diverse forme d’intervento e di aiuto ai portatori di handicap, cosicché alcune regioni contemplano anche la realizzazione di progetti di Vita Indipendente. In Sicilia, invece, l’assistenza viene ancora demandata alle famiglie. Chi non ha una famiglia disposta ad accudirlo è costretto, nella migliore delle ipotesi, ad essere confinato in un istituto”.
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