Last updated on Ottobre 9th, 2012 at 09:38 am
L’immagine di una persona, di un’azienda o di un’istituzione può essere danneggiata in varie maniere. Avere poi la sfortuna di essere storicamente una delle culle della mafia per una città come Agrigento ha sempre rappresentato un fardello difficile da sopportare, fonte – appunto – di inquantificabili danni alla gente perbene. Un sentire popolare che da un paio di giorni è suffragato da una sentenza, e che sentenza che rende giustizia alle persone oneste.
Condannando cioè in via definitiva sette esponenti di spicco di Cosa nostra agrigentina, la suprema Corte di Cassazione ha riconosciuto appunto il «danno esistenziale» ai cittadini di Agrigento, rappresentati dal Comune che si era costituito parte civile.
L’ente municipale era assistito nel procedimento in questione dell’avvocato Francesco Gibilaro. La Cassazione, in estrema sintesi ha riconosciuto che l’attività criminale ha avuto la conseguenza di estromettere, marginalizzare le attività sane e legali presenti nel territorio, come anche impedire che nuove attività, proposte da imprenditori «esterni», potessero insediarsi e svilupparsi nel territorio di Agrigento. Più danno di questo per una comunità è difficile immaginarlo, soprattutto in termini economici e di sviluppo sociale.
Tutto ciò, ha continuato nella propria motivazione la Cassazione «con evidenti e conseguenti ricadute drammatiche sull’economia». In questo senso è stata riconosciuta, sia al Comune di Agrigento sia ai suoi cittadini la sussistenza di un danno esistenziale, ma ha anche riconosciuto il danno al Comune in quanto tale leso nella sua immagine, credibilità e prestigio.
Nei processi in cui si è divisa l’operazione «Camaleonte» il Comune ha già ottenuto, complessivamente, una provvisionale di quasi 100.000 euro, su un danno richiesto di 2,5 milioni che andrà liquidato in sede civile. Da ricordare come nel processo denominato Camaleonte dall’omonima operazione antimafia, sia stato coinvolto con condanna anche in Cassazione l’ex capo di Cosa nostra agrigentina Giuseppe Falsone di Campobello di Licata.
Il tutto, senza tralasciare un aspetto per nulla marginale, meno «filosofico», ma assai pratico, concreto. Viste le spaventose ristrettezze economiche in cui naviga il comune agrigentino, avere la prospettive di incassare in un futuro non troppo lontano circa 2 milioni e mezzo come risarcimento anche in sede civile del danno all’immagine causato dai mafiosi rappresenta una boccata d’ossigeno per il cassiere del comune. Soldi che, ovviamente, l’amministrazione pubblica non potrà incamerare dalle tasche delle persone condannate in cassazione, ma dal fondo appositamente creato dal Ministero dell’Interno alcuni anni fa, per sostenere le vittime della mafia. Soprattutto quelle vittime che hanno avuto anche il coraggio di chiedere e ottenere i danni.
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