Una scintillante genialità, unita tenacemente con una piccola, ma sensibilmente grande, dose di pura e soave follia, hanno caratterizzato interamente la spericolata vita del pescarese Gabriele D’Annunzio, personaggio assai egocentrico e trasgressivo. Amante del gentil sesso, l’autore de “Il piacere” è riuscito a ritagliarsi, grazie al suo impeccabile carisma, un ruolo principale nella storia della letteratura italiana.
Un “vate”, ovvero un profeta, un affascinante e aggressivo profeta, una guida spirituale e reale del popolo, un punto di riferimento importante e indomabile; ha regalato al mondo intero e all’Italia capolavori assolutamente da non sottovalutare. Nella produzione poetica dannunziana assume rilievo il tempo del “panismo”, cioè la fusione (e l’immedesimazione) dell’uomo con la natura in un armonioso “tutto” vivente.
La poesia del “Vate” presenta una straordinaria musicalità e ricchezza d’immagini, frutto, oltre che della tecnica poetica, anche dell’uso scaltrito e imponente della parola. Egli risente del Simbolismo francese, perché ricorre spesso a simboli, figure retoriche che cercano di decodificare il misterioso mondo naturale. La poetica dannunziana è soprattutto quella dell’ esibizionismo, caratterizzata dall’esaltazione del falso primitivo, dell’erotismo o del proprio io, indicata nei due aspetti dell’estetismo e del superomismo. L’estetismo dannunziano si rifà ad un bello ideale. Bellezza, per il “Vate”, è tutto ciò che suscita emozioni e fa stupire, come l’arte e la stessa trasgressività, tanto cara all’autore. L’estetismo consiste nel privilegiare la Bellezza quale valore supremo, da realizzare ad ogni costo.
< Vivere la propria vita come fosse un’opera d’arte >, o al contrario vivere l’arte come fosse vita. Dall’estetismo assimilò ideali di sensibilità e raffinatezza e il gusto del tecnicismo formale. Quest’atteggiamento, preso anche dal Decadentismo francese, è corrispondente alla personalità del poeta, che deve distinguersi dalla normalità, dalla massa. Il superuomo assomiglia all’esteta, ma non deve essere legato a principi sociali e morali.
Per questo motivo si vuole elevare al di sopra della massa: è l’esteta attivo, che cerca di realizzare la sua superiorità a danno delle persone comuni. Superuomo che diviene superdonna; ed è l’attrice che personifica questa nuova potenza, simbolo di femminilità e raffinatezza suprema.
D’Annunzio non fu solo un poeta, scrittore, romanziere, drammaturgo, fu anche un appassionato di teatro. Il bisogno di
stabilire con il pubblico un rapporto diretto lo spinse a tentare la via del teatro, anche se fu spesso motivato da urgenti esigenze finanziarie. D’Annunzio, nel teatro, ricerca musicalità, raffinatezza e originalità espressiva, a tutto svantaggio dell’elemento drammatico, della credibilità psicologica e della fruibilità. A mancare nel teatro dannunziano è innanzitutto il senso dell’azione scenica, del movimento drammatico, della tensione tragica. Al centro dell’attenzione dello scrittore sta infatti ancora una volta la parola, il “logos” greco, più che la definizione dei caratteri e degli ambienti rappresentati.
Danilo Serra