Last updated on Ottobre 1st, 2012 at 03:43 pm
Varsavia è una città che celebra i suoi miti. Basta percorrere la Krakowskie Przedmiecie, la sinuosa Strada reale, per comprendere come, tra questi, Fryderyk Chopin costituisca uno dei pilastri dell’identità nazionale, di un idem sentire faticosamente costruito al prezzo di lotte e rimpianti, conquiste e rinunce.
Dalla casa di famiglia al Liceo all’Università, da Palazzo Ostrogski, oggi sede del museo dedicato al musicista, alla Chiesa di Santa Croce, scrigno inespugnato del suo cuore, Chopin è al centro non solo del tessuto urbano della capitale polacca, ma soprattutto della sua storia politica e culturale.
E da quando la città ospita il festival «Chopin e la sua Europa», la sua produzione musicale s’interseca con quella di un Ottocento lunghissimo che si estende da Haydn a Šostakovi, fino ad assumere i tratti di un ineludibile crocevia di itinerari che valicano non solo frontiere, ma anche forme e generi di espressione artistica.
È da salutare con favore, allora, se questi percorsi, in occasione del secondo centenario della nascita di Chopin, hanno incrociato anche Catania e la sua Facoltà di Lettere e Filosofia, nel quadro di un programma di collaborazione universitaria, il progetto Cooperlink del Corso di laurea internazionale in Archeologia. Questi scambi, concepiti secondo una prospettiva ampia e pluridisciplinare, hanno dato ora vita ad un raffinato prodotto multimediale, realizzato dalla Tau Records di Andrea Alia per inaugurare una nuova collana editoriale dal titolo «Piano Vinyl Collection»: ad un compact-disc dalla raffinata estetica vintage (riproduce infatti un vecchio vinile) si affianca un elegante libretto di accompagnamento, che ai saluti introduttivi – di Enrico Iachello, preside della Facoltà di Lettere, e di Pietro Militello e Iwona Modrezewska Pianetti, coordinatori del corso di laurea – associa quattro contributi musicologici di rilievo, volti ad illustrare l’iniziativa.
Due docenti dell’Università di Varsavia, Jerzy Miziolek e Alina Zorawska-Witkowska, efficacemente ricostruiscono l’ambiente in cui il compositore visse i primi vent’anni della sua vita e, soprattutto, la ricchezza degli stimoli culturali della capitale polacca; quindi, in particolare, l’autentico «culto per il belcanto italiano», destinato a riverberarsi nel fraseggio delle sue opere.
Maria Rosa De Luca e Graziella Seminara, musicologhe dell’Ateneo etneo, indagano invece i brani eseguiti nel corso del concerto inaugurale degli incontri di studio, oggetto della registrazione. E se la prima presenta i Preludi, op. 28, come l’esito più avanzato di uno stile improvvisativo ora assurto al rango di alta creazione artistica, la seconda si sofferma, a proposito della Fantasia in fa minore e dei primi tre Improptus, sul «personalissimo ripensamento dei modelli formali della tradizione».
Di questi componimenti il pianista Luca Ballerini è interprete di pregio: per la costante ricerca di un equilibrio ideale tra forma e colori; per l’esemplare definizione di una massa sonora fluida, romantica, idiomatica, ma che nulla perde in agilità e propensione alla cantabilità; per l’attenzione alle nuove valenze armoniche di un’ornamentazione non più concepita in maniera meramente esornativa, ma indirizzata verso una densità espressiva in chiaroscuro.
La ricchezza e la varietà delle soluzioni interpretative di abbellimenti (dai mordenti ai trilli dell’op. 29), figurazioni irregolari (come nei Preludi in re bemolle maggiore e in fa minore) e cadenze (esemplare la levità in crescendo di quella leggierissimo del Preludio op. 45) danno conto di una approfondita maturazione esecutiva del linguaggio musicale chopiniano: autentica lingua franca della civiltà pianistica ottocentesca e, per questa via, dell’intera cultura europea.
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