Last updated on Ottobre 2nd, 2012 at 04:05 pm
E’ il governo che, con il decreto Salva Italia istitutivo dell’imposta municipale propria (Imu), ha demandato ai Comuni la scelta se stabilire un’aliquota differenziata, anche, per gli immobili locati. Ma l’esecuzione del compito è di ardua attuazione per i sindaci poco propensi a concedere sconti sul gettito Imu, conseguenza dei tagli al fondo di riequilibrio (ex trasferimenti statali). Sembra che problemi sociali e interessi dei cittadini da tutelare siano passati in secondo piano e si stia diffondendo la linea del pareggio di bilancio con i proventi dell’Imu, tenendo in considerazione che non tutto quanto s’incasserà rimarrà nelle casse comunali in quanto il 50% del gettito, sugli immobili diversi dalla prima casa, è di competenza dello Stato. Per le case locate l’aliquota prevista è lo 0,76% (7,6 per mille), con facoltà di modifica da parte dei Comuni dello 0,30% in più o in meno, con una forbice di applicazione che va dallo 0,46% all’1,06%. Ma l’orientamento prevalente dei comuni è indirizzato verso l’applicazione dell’aliquota massima (10,6 per mille). Quindi sulle case locate si pagherà a titolo di Imu dal doppio al triplo rispetto a quello che si versava con l’Ici.
Tutto questo ha determinato confusione nel settore delle locazioni immobiliari ad uso abitativo sia a canone libero sia concordato. Fino all’anno scorso, in vigenza dell’Ici, per questa tipologia di contratti, molti Comuni avevano previsto una disciplina differenziata in termini di aliquote, più favorevoli per le locazioni a canone concordato.
Con l’avvento dell’Imu, visto i risultati inaspettati dei calcoli programmati, questa eventuale differenziazione di aliquote potrà rappresentare un incentivo a non lasciare le case sfitte e un aiuto indiretto a chi cerca casa. Infatti nelle città metropolitane il ricorso alla locazione è l’unica soluzione per le famiglie che non riescono ad accedere a un mutuo per l’acquisto della prima casa.
All’aumento delle aliquote Imu si aggiunge l’altra stangata rappresentata dalla rivalutazione delle rendite catastali, già rivalutate del 5%, di un ulteriore 60% (coefficiente 160) nel caso dei fabbricati del gruppo A (esclusa la cat. A10). Ai Comuni è stato concesso di deliberare le aliquote dell’imposta municipale entro il 30 giugno, termine ultimo per l’approvazione del bilancio preventivo. Ma gli emendamenti al decreto fiscale prorogano al 30 settembre il termine entro cui i Comuni possono deliberare le aliquote Imu definitive per le diverse tipologie di immobili. In ogni caso, non bisogna dimenticare che la prima rata dell’Imu ha come scadenza il 18 giugno (il 16, scadenza naturale, cade di sabato).
Nel bisticcio delle date una soluzione legislativa potrebbe essere quella di versare l’acconto tenendo conto delle aliquote di base (4 per mille per l’abitazione principale e 7,6 per mille per gli altri immobili) e il conguaglio in sede di saldo a dicembre sulla base di quanto deliberato dai Comuni. Comunque, in ogni caso, la stangata sulle case affittate ci sarà con conseguenze economiche negative per il settore delle locazioni. Al momento sono pochi i Comuni che hanno approvato in via definitiva le aliquote Imu.
Per es. a Palermo, il Consiglio Comunale ha approvato le aliquote dello 0,48% (4,80 per mille) per la prima casa e dello 0,96% (9,60 per mille) per le seconde case. A Catania, la Giunta ha deliberato la proposta di fissare le aliquote Imu allo 0,60% (6 per mille) per la prima casa e all’1,06% (10,60 per mille) per le seconde case e gli altri immobili.
Sicilia Notizie Cronaca Attualità News Politica Economia Lavoro Enogastronomia Sport Viaggi