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Dipendente dalla città di Catania fino ai primi del XVII secolo, Trecastagni vive già nel suo nome la devozione per i tre santi protettori, Sant’Alfio, San Filadelfio e San Cirino, solennemente festeggiati il 10 di maggio. I tre santi, «tres casti agni» (tre casti agnelli) martirizzati all’inizio del III secolo, costituirebbero l’origine del nome della cittadina etnea. Da visitare: la Chiesa Madre, posta sul belvedere da dove si domina un ampio panorama e il cui progetto si deve ad Antonello da Messina ed una delle migliori opere del Rinascimento siciliano. Maestoso anche il Palazzo dei Principi Di Giovanni fu costruito intorno alla metà del XVII secolo dal primo Principe di Trecastagni, Domenico di Giovanni. È stato acquistato dal comune verso la fine del XX secolo. Da non perdere poi la visita del caratteristico Mulino a vento: antico forte di avvistamento risalente a un’epoca precedente all’invasione saracena, fu poi riadattato in epoca normanna a piccolo mulino a vento; tuttora all’interno è possibile vedere le macine in pietra. A partire dal XVI secolo conserva al suo interno tre cannoni, utilizzati annualmente per segnare l’inizio dei festeggiamenti in onore dei santi martiri Alfio, Filadelfo e Cirino. E proprio ai tre santi martiri è intitolato il Santuario risalente al 1662. È meta storica di pellegrinaggio dei fedeli, che giungono a Trecastagni durante tutto il mese di maggio.
Al confine nord, sorge invece Pedara, di probabile origine greca. Gli scavi archeologici nel territorio hanno portato alla luce piccoli reperti che testimoniano la presenza greca in contrada Ombra. Le sue vicende storiche cominciano con la costruzione della prima parrocchia e terminano con la distruzione totale del 1693 ad opera dell’eruzione dell’Etna. La ricostruzione che ne seguì produsse una cittadina tranquilla dedita principalmente all’agricoltura. Da ammirare la Chiesa di S. Antonio Abate: la via principale, che da piazza Don Diego sale verso Nicolosi, quasi all’estremità si allarga formando una piazzetta: è piazza S. Antonio, sul cui domina maestosa per il suo alto basamento, la Chiesa parrocchiale dedicata a S. Antonio Abate. Un altro «gioiello» pedarese è la Basilica di Santa Caterina: l’intero complesso architettonico è considerato splendido esempio di “chiesa nera” dell’Etna dove il sapiente e coraggioso utilizzo di pietra lavica e intonaci trova una delle massime espressioni. La prima costruzione fu completata nel 1547 ed era in stile romanico. Oltre un secolo dopo, la struttura si dimostrò insufficiente e nel 1682 fu demolita per una più spaziosa ed attrezzata, ma l’11 gennaio 1693 il terremoto piegò anche Pedara e della chiesa appena ricostruita rimase poco. La grandiosa opera di ricostruzione richiese oltre 10 anni e fu compiuta dal sacerdote pedarese don Diego Pappalardo nel 1705.
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