La fine della pandemia da coronavirus e la luce che si intravede, seppur se ancora da lontano, in fondo al tunnel traghetterà le aziende in una nuova era che per molti versi è già iniziata. Costringendole ad esempio in molti casi a inserire tra le priorità gli investimenti in tecnologia e digitalizzazione, considerata l’imponente crescita del web e dei servizi ad annesso connesso. Uno scenario che rende dunque indispensabile per le imprese che vogliono ripartire con una marcia in più puntare sulla tecnologia e sulla loro presenza, a livello di brand, su internet. Le aziende negli ultimi mesi hanno acquisito inoltre la consapevolezza di attribuire all’analisi e ad alla comprensione dei dati un reale vantaggio competitivo.
Le chiusure obbligate dei negozi fisici e il contemporaneo boom dei servizi erogati attraverso l’online ha infatti messo a dura prova tutto il “vecchio sistema”. Di fatto la pandemia ha costretto aziende produttrici, attività commerciali, poli logistici, i migliori casino online e altri player a riorganizzarsi in poche settimane o addirittura giorni, anche in termini di organico. Tutti si augurano di ritornare preso alle proprie vecchie abitudini e di non dover più rivivere qualcosa di simile, però è chiaro che quanto accaduto potrebbe aver gettato le basi del consolidamento dell’online, inteso come canale e strumento per l’erogazione di servizi, nei prossimi anni. Per farsi un’idea pratica della portata di questo sconvolgimento basta ripescare qualche numero del rapporto elaborato da The European House – Ambrosetti per Netcomm. Nel 2019 la rete italiana dell’ecommerce ad esempio contava 678mila imprese e oltre 290mila lavoratori (113 mila in più rispetto al 2015, con un aumento annuo medio del 13% fino al 2019), di cui 154mila addetti impiegati nel macro-settore delle vendite online e 136mila nell’aggregato dei servizi a supporto.
Boohoo, big Uk dell’e-commerce, ha appena acquistato la catena inglese Debenhams, che dopo l’operazione ha annunciato la chiusura di tutti i negozi fisici. Il Covid ed il boom dell’e-commerce fanno sentire il loro effetto congiunto, che inevitabilmente si ripercuote a livello delle reti vendita. Il retail era diventato nell’ultimo decennio l’asset più remunerativo del mondo fashion, soprattutto per il lusso.
Settore, quest’ultimo, che nutre inoltre una profonda sensibilità verso la sostenibilità.
Se le aziende non fanno scelte sostenibili, rischiano di perdere una bella fetta di clientela, presente e futura. Lo sa ad esempio anche Lifegate che, nell’anno appena trascoroso, ha lanciato una campagna di azionariato diffuso rivolta agli appassionati di sostenibilità.
Le scelte sui temi Esg (environmental, social, governance) hanno infatti ricadute molto importanti sull’apprezzamento delle imprese sui mercati finanziari: un’azienda non emerge soltanto per i suoi risultati economici, ma anche per le scelte di saper operare cambiamenti nei sistemi di produzione, ridurre il proprio impatto, riorientare anche le scelte di marketing.
Moltissimi gli esempi nel mondo della moda e del lusso, dove le aziende ostentano impegno nell’uso di materie sostenibili e durevoli, nel riuso dei materiali e degli scarti, nella compensazione dell’impatto, nell’impiego di manodopera adulta e pagata equamente. Ma oggi anche i colossi del food devono adeguarsi. Coca-Cola, oggetto di pesanti critiche a causa del poco salutare contenuto in zuccheri delle proprie bevande e dell’uso massivo di risorse idriche per la produzione nei vari stabilimenti in giro per il mondo, riduce i consumi, usa energia rinnovabile e diversifica il business con l’acquisizione di Costa Caffè, seconda catena di caffè al mondo (dopo Starbucks) e la produzione di bevande vegetali.
Diversificare e puntare a un target abituato all’e-commerce e sensibile alla sostenibilità: lo fa anche una multiutility come ABenergie che ha, nella sua mission, il posizionarsi come e-commerce green di riferimento.
Sicilia Notizie Cronaca Attualità News Politica Economia Lavoro Enogastronomia Sport Viaggi