“E’ in corso una ‘strage generazionale’: decine di migliaia di giovani abbandonano annualmente la Sicilia ritenendola una terra senza futuro. Diplomati e laureati, il meglio delle nuove generazioni alle quali dovremmo affidare le possibilità di sviluppo, dopo esser stati educati e formati in Sicilia, con grandi sacrifici per le famiglie, affidano le speranze di lavoro all’emigrazione senza ritorno”. E’ quanto si legge nella nota di aggiornamento del Def regionale, approvata dalla giunta di Nello Musumeci.
“Questi dati – si legge nella nota di aggiornamento del Defr – impongono uno sforzo straordinario da parte del governo e dell’amministrazione regionale di elaborazione ed implementazione delle misure di sostegno allo sviluppo, rafforzando il confronto positivo e sinergico con attori istituzionali e sociali. Impegno che in questo primo anno, nel quale si sono dovute affrontare molte questioni lasciate aperte dalla precedente gestione, ha iniziato a dispiegarsi e che entrerà nel pieno nel secondo anno della legislatura”.
“Diplomati e laureati – ammette il governo nel documento -, il meglio delle nuove generazioni alle quali dovremmo affidare le possibilità di sviluppo, dopo esser stati educati e formati in Sicilia, con grandi sacrifici per le famiglie, affidano le speranze di lavoro all’emigrazione senza ritorno. Ssembra ormai prevalere un’irrimediabile percezione della decrescita che tracima in una vera e propria frattura del sistema del diritti di cittadinanza che si misura nel livello dei servizi pubblici i quali, nonostante la pur lievissima ripresa di Pil e occupazione, rimane drammaticamente più basso del centro-nord”.
E “analoghe tendenze hanno riguardato vivibilità, ambiente, dotazione infrastrutturale, standard di istruzione, università e ricerca, efficienza dei trasporti locali, ed in particolare qualità dei servizi sanitari e cura per adulti ed infanzia”. Per il governo siciliano sono “effetti di una politica economica statale che nell’ultimo decennio ha investito sempre meno e peggio le proprie risorse al Sud, ma anche della mala amministrazione senza visione ed attenzione alle future generazioni”.
I dati sono disarmanti.
La Sicilia si colloca al secondo posto, solo dopo l’enclave spagnola della Città Autonoma di Ceuta in Marocco, per percentuale di persone che vivono in famiglie con livello di intensità di lavoro molto basso (23,7%). Nel 2017 l’isola ha raggiunto la peggiore performance in Europa per quota di persone a rischio povertà o esclusione sociale (52,1%) e ha anche il primato della quota di popolazione dai 15 anni in su a rischio povertà (41,3%).
“In questo scenario – continua il documento – le distanze fra Nord e Sud d’Italia continuano ad ampliarsi e il fenomeno della migrazione giovanile dal Sud al Nord del Paese aggrava le prospettive future. Sul piano del mercato del lavoro risulta che due siciliani su 10 sono lavoratori irregolari, per un totale di 300.000 persone, 215 mila delle quali impiegate nei servizi, mentre in agricoltura i tassi di irregolarità superano il 35%. Il tasso di irregolarità a livello regionale è mediamente superiore di 7 punti percentuali a quello nazionale”.
Rifacendosi allo studio “Scuola e università: la grande emigrazione degli studenti siciliani”, la Flc Cgil segnala che negli ultimi 15 anni il numero degli iscritti alla scuola pubblica di ogni ordine e grado è passato da 769.111 a 642.486: una caduta che trova spiegazione nella flessione della natalità e nel fenomeno dell’emigrazione interna ed esterna, mentre i siciliani che hanno trasferito la residenza all’estero dal 2013 al 2016 sono stati quasi 38 mila. Rispetto all’anno accademico 2016/17 c’è stato un calo di 8.000 iscritti nelle università siciliane. Su un totale di 155.271 studenti, 14.248 studiano negli atenei del NordOvest, 8.945 in quelli del NordEst, 19.210 in quelli del Centro e 7.010 negli altri atenei del Sud.
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