L’indagine sul paesaggio, studiata nell’antico archivio, rivela un fascino composto da mille dettagli sorprendenti. Bisognerà credere a una qualsiasi traccia sul tema in esame, di cui poco si conosce, con il rischio di non uscirne più. Più si prosegue nelle verifi- che più le certezze sfumano.
La ricerca diventa una disciplina senza un’ombra di filantropia, distaccata dalla natura spontanea. Per mezzo dell’archivio volevo dimostrare che il senso di accoglienza, di fascino e di sorpresa che è la ragione dell’esistenza del giardino, fosse opera della sensibilità femminile. Ma le carte con note di spesa non dicono chi fa e spende e cosa sia giardino. Il giardino, nel sud Italia, è il terreno coltivato minuziosamente, con piante utili, delimitato, protetto e vicino alla fattoria. Le vaste estensioni, lontane, solitarie con terreni a monocultura intensiva, appartengono all’agricoltura del latifondo. L’uno e l’altro sono paesaggi.
In Sicilia il giardino è il terreno protetto, chiuso, coltivato a agrumi. Il giardino a mandorlo, o olivo, con l’orto tra i filari, si riempie di colori e ondulazioni e profumi dall’erba spontanea. Acetosella, senape, margherite gialle, sulla, iberis, cardo Carlina, calendula, rucola e infinità di altri fiori selvatici si alternano ai fiori del mandorlo, alla zagara, alle cicale instancabili. Queste meraviglie del giardino mediterraneo non vengono menzionate nella contabilità di bilancio ma sono una presenza appassionante nella storia del paesaggio. Tra il 1976 e il 1978 Giuseppe Paternò Castello di San Giuliano insieme a sua moglie Fiamma Ferragamo acquisiscono dalle sorelle di Giuseppe la fattoria di San Giuliano, sessanta ettari di terreno, di cui quaranta con l’agrumeto, venti a parco, annessi e masseria. Giuseppe e Fiamma Paternò Castello di San Giuliano sii impegnano nel lavoro della campagna in provincia di Siracusa, lontano dalla città. Un mondo con abitudini consolidate; il dialetto, il sole perpendicolare, le amicizie, gli operai, i mediatori, i modi, le maniere e il senso del rispetto.
Il tempo è lungo, in Sicilia.
La loro attenzione è altrettanto rivolta al legame che si intreccia con la terra, alcanto del chiurlo, agli alberi dell’agrumeto da rinnovare.
A San Giuliano il giardino di agrumi suddiviso in lunghi terrazzamenti con muri a secco di pietra lavica da strade interne che partono dalla masseria, fiancheggiate da alberi frangi vento. Tutto da risistemare; l’irrigazione, la concimazione, la lavorazione, la potatura, gli innesti, l’avvicendamento delle varietà, la conversione e le pratiche al biologico naturale, la stima a corpo; l’acciottolato del cortile, l’impiantito in pietra del piano terreno, il bagno, la cucina: la vita in masseria. Anche l’ornamento è istintivamente necessario, iniziando dal ficus magnoloides piantato nel centro del baglio. Con il passare degli anni le strade sono state affiancate da palme. Attorno alla masseria sono cresciuti rampicanti, piante, varietà di alberi e palme, di piante grasse, di erbacee; fiori e colori disposti con l’intesa del giardino classico, ornato. Le specie esotiche hanno risvegliato la sperimentazione, oltre la curiosità. Verso nord l’Etna appare distante e nitida sopra i cipressi di confine.
Nel 1998 Giuseppe di San Giuliano rileva un’azienda agricola in contrada Curcuraggi, a pochi chilometri da San Giuliano, battuta all’asta giudiziaria e andata deserta. Sono duecentoventi ettari sulla ultime falde dei monti Iblei rivolte verso il mare lontano. È come un ultimo sprone con un altipiano di roccia, eroso dal canalone del fiume Belluzza su un lato e nel lato corrispondente dal Marcellino, anticamente navigato risalendo dal mare e scavato con grotte e vani di insediamenti siculi. Il terreno calcareo è composto da rocce basaltiche con venature rosse e scure di residuo vulcanico. L’esposizione gode di una brezza e di una leggera ventilazione marina; l’acqua non manca. La vegetazione spontanea intricata tra le rocce è carica di profumi; finocchietto timo elicriso ferula issopo asfodelo cisto ginestrino; un catalogo di specie e di colori che scendono verso il fiume mezzo asciutto contornato da giunchi, oleandri e solidi platani orientali cresciuti liberamente, in segreto.
Iniziano i lavori con tutta la pazienza, l’entusiasmo e l’esperienza di anni, per bonificare settanta ettari, per seguire giorno dopo giorno un’agricoltura naturale e la produzione di arance, di olio, di vino da varietà locali. La nuova cantina predisposta per 90.000 bottiglie. I giardini di Fossa e di Florio, nel fondo valle, integrano gli aranceti abbandonati e si rianimano con forza. La contrada Curcuragi ha ritrovato il suo equilibrio. La vocazione istintiva di lavorare e di tramandare la terra, anche in luoghi aspri come questo e abbandonati dal pastore solitario, ha conquistato un paesaggio ordinato, fantasioso. Con San Giuliano e Curcuragi si è raggiunta una vivacissima armonia e una felice composizione, in aggiunta a una sua produzione naturale. Piccole porzioni di giardini e coltivi distribuiti nel territorio, nel rispetto della storia, del paesaggio e con l’amore per la natura.
Fonte: ilsole24ore – di Oliva di Collobiano – 11/03/2018
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