L’esplosione del gioco dalle piattaforme online è ormai un fatto: nel 2016 valeva 1 miliardo e 81 milioni, dei quali 439 milioni di euro spesi per giochi slot online ed in tutto il settore dei casinò virtuali, con una netta prevalenza geografica di appassionati da Campania e Sicilia (dati Osservartorio Giochi online Politecnico Milano). Alla base di questo aumento vertiginoso nel canale telematico sta la convinzione di chi gioca di essere protetto nel suo anonimato, non essendo osservato da nessun altro intorno e non dovendo sottostare agli orari di apertura chiusura del bar/ricevitoria. Alla base di questo meccanismo ci sono spesso considerazioni morali che puniscono la percezione del comportamento dei giocatori; che non si rendono conto di essere comunque tracciati su Internet dall’indirizzo Ip di connessione e dai dati d’iscrizione obbligatori per creare il conto di gioco: nome e cognome, codice fiscale, indirizzo, e seppur non obbligatorio ovviamente la carta di credito utilizzata per scommettere.
Già oggi, le organizzazioni industriali del gaming in rete conoscono l’identità di 3,4 milioni di giocatori, (l’83% sono maschi) e accedono a molti dati sensibili che, grazie alle analisi delle giocate in rete targettizzano lo stile di giocata di ciascuno, con l’intento di offrirgli pubblicità mirata ed, in ultima analisi, aumentare le puntate. Un paradosso che pone più di un problema, perché potenzialmente alcuni soggetti potrebbero spingersi verso la ludopatia, senza che il Ministero della Salute riesca ad avere accesso a queste informazioni sensibili ai fini di cura. Dal 2000 l’associazione Alea si batte perché queste informazioni siano di dominio pubblico per sancire la trasparenza e mettere nelle condizioni di aiutare chi ha problemi nel rapporto verso le scommesse; con la legge 190/2014 50 milioni di euro in dote al Servizio sanitario nazionale vengono annualmente allocati per la cura delle ludopatie.
La questione é: chi crea un account di gioco si sottopone a richieste di dati molto precisi, i quali rimangono a disposizione dei gestori privati di giochi; di recente, l’Amministrazione Monopoli (AAMS) ha indirizzato ai gestori una nota per ricordargli di fare verifiche sui reali dati registrati all’anagrafe dei Conti gioco: “per ciascun conto di gioco, il concessionario deve avere copia del documento di identità in corso di validità e trasmettere gli estremi del documento di identità”, precisano i Monopoli.
Questo trend esploso nella Rete è anche la conseguenza di interventi normativi che, in nome di sicurezza ed ordine pubblico, restringono le aree dove è possibile installare un terminale di gioco, favorendo il calo degli apparecchi esistenti. “Più che il contrasto alla ludopatia, sembra che si persegua lo spostamento del gioco dagli esercizi pubblici fisici all’online”, scrive in una nota congiunta Assotabaccai e Assogioco, aggiungendo che “il gioco online favorisce maggiormente l’insorgenza di dipendenze patologiche perché spesso chi gioca è in completa solitudine, al di fuori di ogni controllo sociale”. Ed infine il tasto dolente: il settore “genera 9 miliardi l’anno di gettito fiscale”, nettamente maggiori degli introiti sui casinò virtuali.
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