Le dichiarazioni rese nei giorni scorsi a seguito dell’audizione in commissione parlamentare Antimafia da Antonio Fiumefreddo, presidente di Riscossione Sicilia, società partecipata della Regione hanno suscitato indignazione anche oltre i confini della nostra Isola.
Tutti gli appalti in Sicilia sono infatti irregolari e negli ultimi 10 anni in Sicilia non sono stati riscossi 52 miliardi di euro, persino i deputati regionali sono debitori per milioni.
Fiumefreddo, intervenuto oggi alla puntata de “L’Arena” di Massimo Giletti su Rai Uno, ha poi fornito cifre impressionanti: all’atto del suo insediamento Riscossione Sicilia, che avrebbe dovuto incassare 5 miliardi e 700 milioni l’anno, riusciva ad incassare solo 480 milioni ovvero l’8% di quanto avrebbe dovuto riscuotere; ora quella percentuale è salita al 14% «ma siamo lontanissimi da quella che dovrebbe essere la raccolta vera». E la percentuale dell’8% diventava ancora più scandalosa man mano che si saliva di reddito: per chi dichiarava più di mezzo milione di euro la riscossione era ferma al 3,66%. Riscossione Sicilia, che nel 2015 aveva 887 consulenze su 700 dipendenti, assunti al 75% per chiamata diretta, negli ultimi 10 anni non ha riscosso 52 miliardi di euro. Di questi, 22 miliardi sono ancora non prescritti, ma «ci siamo imbattuti in resistenze fortissime e i maggiori debitori sono i comuni, in testa Catania con 19 milioni, poi Messina, Siracusa e ultima Palermo».
Non solo loro però: i grandi evasori sono tra le categorie dedite a ortofrutta, onoranze funebri, appalti, carni, «settori infiltrati tradizionalmente da Cosa Nostra, alcuni nomi sono famigerati e in testa alle evasioni ma nessuno li ha mai cercati». A Trapani la Riscossione da più di 15 anni non riesce a nominare un responsabile, «all’ultimo hanno puntato la pistola e lasciò l’incarico». Fiumefreddo ha poi riferito che è stato chiesto ai titolari delle piattaforme di estrazione di mostrare se avessero versato le tasse, «nessuno aveva mai chiesto loro di pagare. Quando abbiamo chiesto l’elenco delle piattaforme ci è stato risposto che non c’è. Dall’indomani non hanno consentito ai nostri ufficiali esattoriali di entrare nelle piattaforme petrolifere». E quando ha chiesto di centralizzare l’Ufficio grandi evasori, ed ha messo come responsabile dell’ufficio un dirigente di 50 anni, Mario Capitani, questi, nel luglio del 2015, si è suicidato «dopo avermi mandato messaggi in cui diceva di aver scoperto cose molte gravi». Dopo quella morte, nessuno ha voluto occuparsi di quell’ufficio.
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