Anche se l’ultima inchiesta Istat ha rilevato la crescita zero del pil, un dato non confortante con cui si è chiuso il secondo trimestre di quest’anno, il governo italiano sembra deciso a riformare l’attuale sistema pensionistico attraverso la definizione della nuova legge che sarebbe già al vaglio del dicastero. Ad annunciarlo lo stesso Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, per nulla scoraggiato dall’esito non particolarmente brillante dell’indagine. La realtà fotografata dall’Istat, infatti, rileva un’economia che stenta a decollare forse anche più di quanto avesse immaginato il premier Matteo Renzi. In occasione del Forum Ambrosetti che si è svolto a Villa d’Este (Cernobbio) durante il quale si sono analizzati diversi aspetti legati al tema dell’economia, sia il Ministro Padaon che il capo del Governo si sono soffermati sulle “possibili strategie” da mettere in campo per garantire una crescita più forte ed incisiva. Proprio in quest’ottica si inserisce la nuova “legge sulle pensioni” sulla quale il Ministro intende mettere le mani ma senza impattare negativamente sui conti pubblici.
Lo studio della normativa è finalizzato al miglioramento dell’attuale “sistema distributivo” ottimizzando le poche risorse disponibili e alla gestione intelligente della fase di transizione che anticipa l’entrata in vigore della riforma in modo da non creare squilibri ed ingiustizie sociali. A tal proposito l’ex Vice Segretario Generale dell’OCSE ha dichiarato che, in base ai requisiti pensionistici di ciascun lavoratore, la manovra mira a rendere più flessibile l’uscita dal mondo del lavoro e a facilitarne l’ingresso alle nuove generazioni. ribadendo che un buon sistema pensionistico oggi è sempre più determinante per la stabilità di tutta la nazione. I cambiamenti più significativi saranno resi noti in fase di stesura del testo ma è già possibile tracciare un quadro della situazione. Per quanto riguarda i fondi necessari per il finanziamento e l’attuazione del provvedimento, bisognerà attingere una parte delle risorse dal revisionamento della spesa pubblica e il restante da interventi mirati come la lotta al mancato pagamento delle tasse e soprattutto all’evasione fiscale e contributiva che, secondo l’ultima stima di Confindustria, solo nel 2015 è stata di 122,2 miliardi di euro pari al 7,5% del pil: un gettito impressionante che, se affluisse nelle casse dello Stato, potrebbe determinare quella “svolta decisiva” tanto attesa e capace di migliorare la qualità di vita degli italiani. Secondo il Ministro, in casa nostra le cose vanno comunque meglio rispetto ad altri Paesi. In questo particolare momento infatti, sul piano internazionale, il settore finanziario fa registrare un trend al ribasso e la crescita dell’Italia, sia pur lenta e contenuta, rappresenta un dato positivo e in controtendenza con ampi margini di miglioramento.
Anche se i progressi sono stati al di sotto delle aspettative del governo Renzi, Padoan fa notare che confrontando le previsioni tendenziali relative alla fine del 2° trimestre 2015 con quelle dello stesso periodo di quest’anno, le stime sono leggermente più positive: 0,8% invece dello 0,7% inizialmente preventivato. Un dato su cui riflettere e che, si spera, possa essere rafforzato dopo l’approvazione della “legge di bilancio” anch’essa in fase di realizzazione e che potrebbe creare ottime condizioni per l’avvio della legge pensionistica. Il raggio d’azione della riforma sarà focalizzato sul metodo contributivo e, in particolare, su un accantonamento più equo dei versamenti. Attualmente il sistema prevede l’accumulo di una parte della retribuzione pensionabile su base annua, secondo percentuali variabili (33% per i lavoratori dipendenti, 23% per quelli autonomi e così via). Seguendo l’andamento del pil, questo “tesoretto” viene rivalutato in modo che l’importo medio calcolato risulterà allineato con la “media quinquennale” del pil. A fine attività i contributi maturati vengono aggiornati mediante l’applicazione di coefficienti di trasformazione che cambiano in base all’età del richiedente: in caso di prolungamento degli anni di servizio il coefficiente sarà più alto e la pensione più vantaggiosa e viceversa. L’ottimismo del Ministro nasce dalla constatazione che, diversamente dagli ultimi 5 anni in cui la media quinquennale del pil è stata pari allo zero se non addirittura negativa, nel 2016 il tasso ha ripreso a crescere. I più danneggiati dalla mancata ripresa sono stati i lavoratori andati in pensione tra il 2011 e il 2015 perché il montante versato non è cresciuto e la pensione percepita è stata più bassa, unitamente ai lavoratori nati dopo il 1980 che percepiranno la pensione calcolata interamente con il sistema contributivo. Meno colpiti, invece, coloro che entro il 1995 avevano un montante minimo di 18 anni, nei confronti dei quali il metodo contributivo non viene pienamente applicato. L’unica cosa certa è che tutti i futuri pensionati, per ricevere il denaro mensilmente dall’INPS, dovranno dotarsi di un conto. Esistono anche conti adatti ai pensionati, utilissimi per chi deve aprirlo appositamente per questa necessità. Per approfondire quest’ultimo aspetto vi rimandiamo a qualeconto.net.
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