All’ordine del giorno di palazzo Chigi l’impugnativa della legge di riforma varata dall’Ars.
Nel giorno in cui il Consiglio dei ministri dovrebbe impugnare il Ddl sull’acqua, approvato all’Ars ad agosto, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, torna sull’argomento chiarendo una volta di più la sua convinzione sul modello di gestione demandato ai sindaci. Cita alcuni esempi a suo dire virtuosi ed elenca una serie di esperienze finite male in cui la gestione ai privati non ha prodotti risultati auspicati traducendosi in veri e propri fallimenti:
“Il paradosso di questo modello che per molti va decantato -esordisce Crocetta– è che a Siracusa e Palermo le società di gestione sono fallite. Il modello imposto da Bruxelles e Roma determina, ad esempio, che ad Agrigento si paga il doppio delle tariffe di Milano pur avendo un servizio inferiore”.
Il governatore siciliano, poi, entra nel merito della questione riferendosi ai singoli episodi: “Dove i Comuni hanno gestito in proprio, hanno acqua potabile, senza interruzioni ce l’hanno sempre e la pagano un terzo di quanto viene fatta pagare dai gestori privati. Il modello giusto qual è? Con la legge che abbiamo approvato volevamo dare un segnale esplicito e diretto verso questa direzione che a noi sembrava la migliore. Invece registro altri orientamenti che non vorrei penalizzassero gli utenti ed i cittadini. Non vorrei che questo sistema finisse indirettamente per favorire le multinazionali.”
Le economie di scala che invece sono alla base della filosofia dello Sblocca Italia sulla materia della gestione (e che nelle contestazioni informalmente avanzate finora all’esecutivo regionale resterebbero fuori dalla possibilità essere realizzate se non con i modelli pubblico, in house o privato), non sarebbero,secondo Crocetta, le uniche finalità plausibili del sitema che andrebbe ad essere: “Con i modelli imposti sia per l’acqua che per i rifiuti non faremo molto strada. Se un Comune dimostra che gestendo in proprio l’acqua non fa danni all’erario, raggiungendo il pareggio di bilancio e servendo al meglio l’utenza, non vedo cosa altro si debba cercare. Per dimensione e capacità economica diventano pochissime poi le società che possono concorrere. Il tema, quindi, diventa: perché queste scelte?”
Secondo Crocetta, il merito delle contestazioni non solo sulla legge che regola il sistema idrico, ma anche sulle altre norme impugnate, rivela il condizionamento esercitato dai tecnici e dai vertici della burocrazia: “La politica, al di là di ogni interlocuzione specifica, deve recuperare una sua capacità di indirizzo. L’aspetto tecnico delle vicende a volte rischia di essere esasperato e portato alle estreme conseguenze. Questo vale sia per la Commissione europea sia per il governo centrale. Il confronto deve nascere sulle posizioni non solo sui cavilli e sulle penalità singole. Sarebbe inacettabile che la politica passasse in secondo piano rispetto alla natura tecnica delle questioni. Credo che in futuro questa dimensione di dialogo debba coincidere con i risultati che intendiamo raggiungere con le singole leggi”.
Per quanto riguarda la parte salvabile dell’impugnativa attesa per oggi, dovrebbe riguardare gli ambiti territoriali definiti. Essi devono coincidere con i baci idrografici, che in Sicilia vanno da tre a cinque, o con i territori delle nove province originarie.
Il passaggio più delicato, come più volte ribadito in questa lunga interlocuzione informale tra Roma e la Sicilia, rimane quello dello sbilanciamento del testo di legge verso il settore pubblico. Per tutto il resto, dal principio di gestione unica per ambito alle contestazioni per cui i criteri di economicità ed efficienza in materia di gestione non potrebbero essere raggiunti con il testo esitato dall’Ars, è notte fonda e l’elenco delle contestazioni si articolerebbe in maniera specifica e dettagliata.
Riproporre in chiave virtuosa, con aggiustamenti sul territorio, i modelli di gestione utilizzati nelle altre regioni d’Italia è alla base del ragionamento dell’assessore regionale all’Energia ed ai servizi di pubblica utilità, Vania Contrafatto, che sino a qualche giorno fa ha partecipato a riunioni presso il ministero dell’Ambiente. Anche nel caso del ddl sull’acqua pubblica, dunque, si dovrà tornare ad un esame tecnico dell’Aula per il “rattoppo” che andrebbe a saldare gli esiti della legge con le soluzioni della parte invece impugnata dal Consiglio dei ministri.
Giuseppe Bianca, de La Sicilia (15/10/2015)
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