L’Isola rischia di perdere con campania e calabria 3,5 miliardi.
Il disegno di legge di stabilità approvato domenica dalla Camera dei deputati, rischia di penalizzare oltremodo la Sicilia, se non si corre ai ripari al Senato.
La deputazione siciliana a Montecitorio, in particolare quella del Pd, si è impegnata affinché venisse approvato l’emendamento che consente di prorogare fino al 31 dicembre del 2015 i contratti dei precari degli enti locali e delle Asp (ma alla Regione mancano i soldi), mentre è stato lasciato passare nel silenzio più assoluto l’art. 12 del provvedimento che prevede «Sgravi contributivi per assunzioni a tempo indeterminato».
Sgravi che, però, saranno pagati con i fondi del Piano azione e coesione (Pac) delle Regioni dell’Obiettivo convergenza, non impegnati entro il 30 settembre del 2014.
Una mazzata per Sicilia, Campania e Calabria che rischiano di perdere complessivamente circa 3,5 miliardi di euro.
Il Pac della Regione siciliana ammonta a circa 2 miliardi dei quali al 30 settembre è stato impegnato, grosso modo, il 40%.
Il Piano azione e coesione era stato creato dall’allora ministro Maurizio Barca per consentire alle Regioni di sottrarre queste somme alla programmazione europea, senza il vincolo della spesa nel settennio 2007-2013.
Una scelta dettata anche dalla necessità di non stressare ulteriormente le finanze nazionale con l’obbligatorio co-finanziamento delle risorse europee. Come si ricorderà, fu chiesto all’Ue di elevare il proprio co-finanziamento sui programmi operativi regionali al 75%, perché il governo italiano non aveva la possibilità di garantire il proprio co-finanziamento del 37% (il rimanente 13% è a carico delle Regioni). Soldi che sarebbero stati utilizzati anche per finanziare il Piano giovani (circa 450 milioni di euro).
Al di là delle somme impegnate effettivamente entro il 30 settembre, il dato certo è che importanti risorse economiche destinate al Sud, finiranno per finanziare le agevolazioni per le assunzioni a tempo indeterminato che per la maggior parte saranno fatte dalle industrie del Nord.
Un particolare che, evidentemente, è sfuggito ai deputati siciliani alla Camera che non hanno presentato alcun emendamento. Forse, perché appagati dall’aver ottenuto l’autorizzazione della proroga di un anno per i contratti dei precari degli enti locali e delle Asp che la Regione paga con fondi propri (che in parte non ha) e non con soldi dello Stato.
Per quel che se ne sa, non c’è stato neanche un timido tentativo di protesta, né l’accenno ad un emendamento correttivo. Infatti, in nessuno dei tre emendamenti sui quali il governo ha posto la fiducia a Montecitorio, si fa riferimento all’art. 12 ed alla modalità di finanziamento delle agevolazioni fiscali per le assunzioni a tempo indeterminato. L’altro ieri, il premier Renzi è stato a Catania, promettendo aiuti al Sud e alla Sicilia. Invece, il suo governo è una sorta di Robin Hood all’incontrario: toglie ai poveri del Sud per dare ai ricchi del Nord.
La domanda è: cosa facevano i deputati siciliani, calabri e campani mentre alla Camera si ordiva questo scippo?
Non ci avranno fatto caso. Adesso, però, il disegno di legge di stabilità dovrà essere approvato dal Senato. Speriamo che gli eletti-nominati di Sicilia, Calabria e Campania si mobilitino per evitare che il Sud venga ancora una volta penalizzato a discapito del Nord. Insomma, i senatori meridionali battano i pugni sul tavolo, facciano sentire la loro voce, al limite non votino il disegno di legge sul quale sembrerebbe che il governo vorrebbe riproporre il voto di fiducia.
La Regione siciliana non brilla certo per velocità e capacità di utilizzo delle risorse nazionali e comunitarie, però, non sarebbe questo un buon motivo per abbandonarla al proprio destino. La situazione, già difficile, rischia di aggravarsi ulteriormente. Tratto da “La sicilia, Lillo Miceli”.
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