Le statistiche. Nel 2013 le nuove diagnosi sono state 27mila.
Il tumore della vescica è la neoplasia più frequente del tratto genitourinario. Solo nel 2013, in Italia, le nuove diagnosi sono state all’incirca 27.000 (il 7.4% di tutti i nuovi casi), circa 22.000 tra gli uomini e circa 5000 tra le donne, ma si stima che supereranno i 30.300 casi nel 2020.
La sopravvivenza media a 5 anni è del 77% negli uomini e del 72% nelle donne. Uno dei principali fattori di rischio che possono aumentare l’incidenza è il fumo di sigaretta che accresce di ben 2/3 le possibilità di incorrere in un tumore della vescica nel maschio e di 1/3 nella femmina, fino a moltiplicare di 4-5 volte la possibilità di sviluppare la malattia rispetto a un non-fumatore.
Su questa patologia il dott. Francesco Savoca, dirigente medico della divisione di Urologia dell’Ospedale Cannizzaro di Catania, ha fornito risposte decisamente esaustive.
Come si arriva alla diagnosi del tumore alla vescica?
«Non tutti i tumori della vescica, fortunatamente, sono a cattiva prognosi: infatti nel 70-80% dei casi alla prima diagnosi non ha ancora interessato gli strati muscolari dell’ organo limitandosi alla mucosa o allo strato posto sotto di essa: si tratta, cioè, di neoplasie cosiddette superficiali o non muscolo invasive». «Da sottolineare, però, che molte di queste lesioni tumorali, anche se superficiali, hanno un grado di rischio medio-alto di recidiva a 5 anni del 60-70%. In particolare i cosiddetti carcinoma in situ sono lesioni tumorali piatte e superficiali, aggressive e potenzialmente molto invasive, ad alto rischio non solo di recidiva, ma anche di progressione a 5 anni superiore al 50%. Il restante 20-30% invece è rappresentato da forme che già alla prima diagnosi si manifestano come aggressive e infiltranti, in quanto raggiungono e talora superano lo strato muscolare della vescica e, pertanto, impongono subito un trattamento chirurgico radicale con l’asportazione dell’organo».
La prevenzione su questa patologia che incidenza ha?
«Per il tumore della vescica non esiste la prevenzione poiché al momento non vi sono marcatori biologici che possono consentire l’istituzione di uno screening di massa. Però, se lo affrontiamo in tempo, quando ancora non è infiltrante, può essere trattato al meglio, in maniera più radicale, esponendolo meno alla possibilità di recidive». «Un miglior trattamento nella diagnosi e nei follow-up oggi e’ possibile grazie anche a l’utilizzo di strumenti diagnostici sempre più adeguati. Infatti, nonostante la cistoscopia a luce bianca e la valutazione citologica effettuata su campione urinario siano oggi considerate il metodo standard per la diagnosi del cancro vescicale, i livelli di sensibilità e specificità di queste metodi che possono non essere soddisfacenti, specialmente nel caso di lesioni piatte. L’asportazione delle neoplasie vescicali è inizialmente endoscopica». «Le forme diagnosticate come superficiali verranno così rimosse del tutto, mentre per le profonde l’atto endoscopico rappresenta solo un momento diagnostico in quanto, come detto, sarà poi indispensabile la totale rimozione dell’organo. Da ciò si evince come sia fondamentale effettuare una completa ed accurata resezione della malattia. Esiste, infatti, la possibilità, soprattutto in caso di lesioni voluminose e/o plurime, di non vedere Cis satelliti o di effettuare una asportazione solo apparentemente completa». «Ci sono studi che hanno dimostrato che alla cistoscopia di controllo (4-6 settimane dopo la prima resezione endoscopica si riscontra malattia residua fino al 50- 70% dei casi».
Quali sono gli effetti della cistoscopia con Hexvix?
«L’introduzione di una nuova metodica come la cistoscopia con Hexvix (a luce blu), denominata Photo Dynamic Diagnosys (PDD), consente di evidenziare meglio le lesioni piatte, ridurre l’incidenza di tumore residuo ed effettuare biopsie più mirate e resezioni tumorali più accurate. Si tratta di una metodica poco invasiva, a cui sono candidati potenzialmente tutti i pazienti con tumore della vescica da sottoporre a un intervento chirurgico endoscopico».
«In seguito all’instillazione in vescica del farmaco, circa 1 ora prima della procedura, l’esaminolevulinato, il principio attivo di Hexvix, viene assorbito dalle cellule dell’urotelio e si accumula selettivamente nelle cellule tumorali, trasformandosi in una porfirina cromofora, colorandole. Per evidenziare la colorazione è indispensabile utilizzare una luce blu che evidenzierà in rosso le cellule tumorali diversificandole dalle sane». «La sostanza è in grado di evidenziare sulla mucosa vescicale delle microalte razioni neoplastiche, anche infinitamente piccole, le quali sarebbero diversamente sfuggite all’attenzione del chirurgo. Al confronto con la sola cistoscopia standard a luce bianca, la cistoscopia con Hexvix ha rilevato il 30% in più di pazienti affetti da cancro della vescica eil 67% in più di lesioni di Cis, forma tumorale aggressiva che necessita di un trattamento immunoterapico tempestivo ed un accurato follow-up, pena la rapida trasformazione in malattia invasiva».
«Grazie a ciò un paziente su 3 ha ricevuto una terapia più appropriata. La metodica della Photo Dynamic Diagnosys (PDD) nella diagnosi e trattamento dei tumori vescicali è utilizzata nel nostro reparto, diretto dal dott. Michele Pennisi. Infatti sono già oltre 150 i pazienti sottoposti a tale metodica. Inoltre il nostro centro è stato scelto a settembre 2013 come sede di formazione per specialisti urologici della Sicilia che intendevano approcciarsi alla nuova tecnica endoscopica». «Analizzando i nostri risultati clinici che sono stati presentati nel recente congresso regionale dell’Auro e saranno oggetto di relazione al prossimo congresso nazionale della società italiana di urologia, hanno confermato, come riportato in letteratura, un incremento della diagnosi globale di circa il 33 %. Inoltre la diagnosi di CIS, forma tumorale meno visibile, ma molto aggressiva, è stata formulata nel 23% in piu’ dei pazienti. Senza l’utilizzo della Pdd, ma solo con la metodica standard a luce bianca possiamo affermare che1 paziente su 4 avrebbe lasciato la sala operatoria senza aver avuto una diagnosi di tumore vescicale».
GIUSEPPE PETRALIA
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