«Scelte anacronistiche e minaccia inaccettabile al patrimonio ambientale, economico e sociale».
La corsa contro le trivelle nel Canale di Sicilia e al largo delle coste dell’isola è iniziata. Con posizioni nette e fortemente contrarie. La questione viene riproposta in questi giorni dal decreto “Sblocca Italia” (all’art. 38) che definisce l’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi come «attività di pubblica utilità, urgenti e indifferibili» che, interpretato, sottrarrebbe al governo regionale la competenza al rilascio della autorizzazioni e quindi ad avere l’ultima parola in materia di valutazione ambientale. Oltre a cancellare il divieto di ricerca di idrocarburi nei golfi di Napoli, Salerno, Venezia, il decreto apre una larghissima maglia per il Canale di Sicilia, l’arcipelago della Egadi e l’avamposto siciliano di Pantelleria.
Pare che siano finora 13 i progetti di richiesta di prospezioni (per future trivellazioni) in fase di approvazione nel Canale di Sicilia e pare chiara l’intenzione del governo nazionale, dicono gli ambientalisti, «di fare passare le autorizzazioni alle ricerche con valutazioni di impatto ambientale indebolite, progetti di autorizzazione unici per ricerca e coltivazione, emarginando sempre più i pareri dei governi locali».
Ma, come è stato sottolineato a Licata, nel corso degli incontri promossi da Greenpeace, Legambiente e Wwf, Anci, associazioni della pesca e del turismo, 8 amministrazioni e l’appoggio di 12 Comuni costieri tra cui Favignana e Pantelleria, le opposizioni ai progetti sono decise. A metà settembre era stato presentato un ricorso al Tar da associazioni ambientaliste, Anci e 5 Comuni contro il parere positivo dato dal ministero dell’Ambiente al progetto “Off-shore Ibleo” e, ad inizio settimana, alla commissione “Via” sono stati prodotti pareri contrari ai progetti di ricerca della compagnia Schlumberger tra Capo Passero e Malta e tra Malta e Pantelleria. Segnali chiari a cui si sono aggiunte le posizioni concordanti del Movimento 5 Stelle e del Pd regionale.
L’amministrazione comunale di Pantelleria, intanto, ha già prodotto una delibera contro le perforazioni petrolifere: «Esprimiamo netto dissenso – ha scritto la Giunta – alla realizzazione di ricerche petrolifere della Schlunberger spa sia con indagini sismiche sia con trivellazioni, deturpanti e ambientalmente rischiosissime. Una minaccia inaccettabile al nostro patrimonio ambientale, economico e sociale».
La Giunta ha chiesto di verificare se vi possano essere problemi per la sicurezza dovuti all’alta sismicità e alla presenza di vulcani sottomarini attivi. Alle isole Egadi, dove la direzione dell’Area marina protetta sta moltiplicando gli sforzi per conservare un ecosistema unico, le trivellazioni sono considerate un paradosso. Il sindaco Pagoto nel novembre scorso aveva partecipato a un incontro in commissione Territorio e Ambiente del Senato per discutere della questione e ora chiede non solo di arginare il pericolo delle trivelle, ma anche di fermare tutti gli studi preventivi alle perforazioni. «Siamo convinti – dice – che sia infruttuoso e irragionevole pensare di investire ancora su risorse di questo tipo e non orientarsi verso le energie alternative. Il Comune di Favignana in questi anni si è più volte schierato al fianco di Greenpeace, delle associazioni ambientaliste e dei Comuni siciliani contro le prospezioni e perforazioni nel Canale di Sicilia, anche srotolando uno striscione sotto il ministero».
Il direttore dell’Area marina protetta, Stefano Donati, è lapidario: «Il paradosso più clamoroso di questa pretesa di esplorare il Canale di Sicilia a caccia di petrolio, continuando a incentrare la produzione energetica sui combustibili fossili, è che, oltre a rischiare di distruggere tutti gli ecosistemi marini e le economie locali che vivono di turismo e pesca, si rischia di aggravare ulteriormente il problema dei cambiamenti climatici e del surriscaldamento globale, andando ad alterare i nostri primi alleati naturali in questa sfida globale. I costi ambientali e economici di queste scelte miopi e anacronistiche potrebbero essere immensi».
La proposta di una delibera adottata da tutti i Comuni aderenti al “no”, come avanzato dall’amministrazione di Menfi, dovrebbe contenere la richiesta al governatore Crocetta di impugnare l’articolo 38 «in quanto incostituzionale».
«Con un colpo di spugna – afferma il presidente della commissione Ambiente dell’Ars, Giampiero Trizzino dei Cinque Stelle – l’esecutivo spazza via una legge che blindava le coste più pregiate della Sicilia e rischia di spalancare i cancelli alle trivelle».
Il Comune di Noto il 3 novembre ospiterà la riunione di coordinamento contro le trivelle: intanto le associazioni chiamano a raccolta i Comuni affinché partecipino con azioni concrete.
Anche il deputato regionale Pd, Antonella Milazzo (in una mozione sottoscritta dal presidente del gruppo Gucciardi e da Cirone, Ferrandelli, Maggio, Panarello e Panepinto) spiega: «L’obiettivo è l’incremento delle estrazioni di idrocarburi liquidi e gassosi, in linea con la Strategia energetica nazionale varata dal governo Monti. Le attività di esplorazione e coltivazione di idrocarburi sono processi altamente inquinanti che potrebbero esporre a gravi rischi aree di particolare pregio naturalistico o soggette a rilevante rischio sismico e aree in cui attività economiche e produttive, come turismo pesca ed agricoltura, possono essere seriamente danneggiate».
E chiama in causa il governo regionale affinché «in attuazione della Convenzione di Barcellona, firmata dai 16 Paesi europei che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, intervenga a difesa del territorio, delle sue risorse e dei suoi valori ambientali sospendendo la corsa alle perforazioni in mare e tutti i procedimenti eventualmente già in corso per autorizzazioni nelle Isole Egadi, area marina protetta, e a Pantelleria, entrambi territori ad elevata vocazione turistica e ambientale».
Infine anche il senatore Antonio D’Alì, rappresentante del Senato al Parlamento Euro-Mediterraneo, intervenuto alla manifestazione Blue Sea Land sulla “blue economy” e la pesca sostenibile in corso a Mazara, ha sottolineato come dal punto di vista ambientale il Mediterraneo stia vivendo una grave situazione «in particolare per il rischio inquinamento da idrocarburi dovuto al transito delle navi merci. Più del 60% del traffico internazionale passa dal Mediterraneo – ha detto -, per non parlare della questione estrattiva: sono aumentate le esplorazioni di giacimenti di gas e petrolio e il Mediterraneo è ridotto a una groviera. A pagarne le conseguenze sono la pesca e il turismo, rischiamo il tracollo ambientale e perciò servirebbe una moratoria internazionale».
Mariza D’Anna La Sicilia
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