E un obiettivo: dare nome e volto a tutti i morti della tragedia del 2013.
Lotta alla tratta dei nuovi schiavi. E’ questa la parola d’ordine della Carovana Antimafia promossa da Arci, Libera e Avviso Pubblico. E’ l’ultimo appuntamento del Festival Sabir promosso dal Comune di Lampedusa, dall’Arci e dal Comitato 3 ottobre per commemorare il primo anniversario del disastroso naufragio del 3 ottobre 2013.
Punto di partenza della Carovana Antimafia, ieri mattina, il molo Favaloro del porto di Lampedusa, approdo per migliaia di migranti arrivati dalle coste del Nord Africa e punto di raccolta dei cadaveri degli sventurati che non ce l’hanno fatta ad attraversare il Mediterraneo a bordo delle “carrette del mare” dei trafficanti di esseri umani.
Qui, un anno fa, sono state portate, chiuse dentro le sacche ermetiche, le 368 vittime del naufragio avvenuto a poche centinaia di metri dalla costa e recuperate dai sommozzatori della Guardia di finanza e dei Vigili del fuoco nel relitto del barcone affondato a 47 metri di profondità. I cadaveri, dopo i rilievi medico-legali e gli accertamenti della polizia scientifica, sono stati sepolti in vari cimiteri della Sicilia. Delle vittime, soltanto una parte è stata ufficialmente riconosciuta, già un anno fa, dai compagni di viaggio oppure dai familiari scampati alla morte.
Le altre salme sono in attesa di riconoscimento, secondo quanto disposto dal protocollo sottoscritto dal commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, Vittorio Piscitelli, con il Rettore dell’Università di Milano Gianluca Vego e il capo dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione Mario Morcone. I presunti familiari delle vittime, contattati dal Comitato 3 ottobre e dall’Associazione Borderline-Europe-de saranno accolti in strutture protette per i colloqui con i medici legali dell’Università di Milano, gli operatori della polizia scientifica, i mediatori culturali e gli esperti dell’Associazione “Psicologi per i popoli nel mondo”. Le procedure per il riconoscimento e l’identificazione dei cadaveri senza identità dei naufragi di Lampedusa del 3 e 11 ottobre 2013 seguiranno determinati iter. Prima la visione del materiale (abiti, oggetti, lettere, foto) rinvenuto sulle salme, quindi si procederà al prelievo del Dna per il confronto con i reperti recuperati dai cadaveri (la falange di un dito, un pezzo di costola, alcuni denti). Si tratta di ricerche lunghe e impegnative. L’obiettivo, per il quale è stato sottoscritto il protocollo, è di riuscire a dare un nome e un volto a ciascuno degli sventurati periti nel naufragio.
«Quest’anno – spiega Salvo Lipari, presidente dell’Arci Sicilia – la carovana ha come tema dominante la tratta dei nuovi schiavi e il grande business delle organizzazioni criminali che stanno gestendo le traversate della morte. L’Arci sostiene da tempo che l’unica soluzione è l’apertura del corridoio umanitario». «La Carovana è ormai un appuntamento fondamentale – aggiunge Umberto Di Maggio, referente di Libera in Sicilia – e la rete che si sta costruendo va sempre più rafforzata per dire “no” a tutte le mafie compresa quella che sta giocando sulle vite dei profughi».
La carovana dal 7 aprile al 7 giugno ha attraversato quasi tutte le regioni italiane. Dopo la sosta estiva, è ripartita ieri mattina da Lampedusa e fino al 12 ottobre, raggiunta la Sicilia, farà tappa a Santa Elisabetta nell’agrigentino, Gela, Vittoria, Catania, Caltagirone, Monreale, Palermo (dove saranno presenti Don Luigi Ciotti; la presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosi Bindi; Rita Borsellino; il presidente nazionale dell’Arci Francesca Chiavacci, e Rossella Muroni, direttore generale Legambiente nazionale), Terme Vigliatore, Barcellona Pozzo di Gotto, Messina e Siracusa. Quindi raggiungerà Trieste e da qui Novi Sad e Belgrado in Serbia e Bucarest in Romania.
Concluso il Festival, a Lampedusa non si smorzano le polemiche e le contestazioni dei cittadini che annunciano lo sciopero generale per protestare contro il sindaco Giusi Nicolini che ha promosso la kermesse in collaborazione con l’Arci e il Comitato 3 ottobre. La tensione resta, stabilmente, al massimo dei livelli. E dire che il termine “Sabir” fa riferimento all’idioma parlato in tutti i porti del Mediterraneo dal Medioevo fino al 19° secolo. Uno strumento di comunicazione in cui confluivano parole di molte lingue del Mediterraneo e che consentiva ai marinai e ai mercanti dell’area di comunicare fra loro. Per secoli Lampedusa, che nell’immaginario collettivo di oggi è soprattutto luogo di emergenza e tragedie, è stata invece luogo d’incontro e di scambio di culture, tradizioni e saperi, grazie al passaggio delle grandi civiltà mediterranee. Ma in questi giorni nell’isola, viste le tensioni politiche-amministrative che spaccano letteralmente in due fazioni inconciliabili i residenti, non c’è spazio per il “Sabir”, né per momenti di incontro.
A farne le spese è stato l’inviato del Tg2 Valerio Cataldi, al quale era già stato impedito il 3 ottobre di effettuare una diretta dal porto dell’isola. Sono stati gli stessi contestatori del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, ad insultarlo mentre percorreva la centralissima via Roma con un operatore tv. Cataldi è stato aggredito verbalmente da un gruppo di persone, tra i quali alcuni dei diportisti che salvarono 47 dei 155 sopravvissuti del naufragio, che gli contestano di avere sostenuto nei suoi servizi che non vi fu alcun ritardo nei soccorsi da parte della Guardia Costiera.
Cataldi, che ha presentato una denuncia ai carabinieri, è l’autore del reportage «La neve la prima volta» sulle storie di alcuni superstiti e familiari delle vittime del naufragio. Ed è suo lo scoop sullo scandalo dei migranti denudati davanti a tutti per essere sottoposti alle docce anti scabbia che portò alla chiusura del Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa.
Giorgio Petta La Sicilia
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