Nel disastroso panorama occupazionale italiano, l’agricoltura può svolgere, almeno per il momento, un ruolo di contenimento?
I dati Istat relativi al 2013 dicono di sì. A fronte di un crollo del 4% del Pil al Sud, il doppio rispetto al resto del Paese, l’agricoltura è l’unica attività economica che ancora “resiste” nel Mezzogiorno. Nel 2013 il calo è stato infatti dello 0,3% del valore aggiunto contro il -2,4% nel centro Nord, mentre nell’industria e nei servizi si è registrato un crollo: -8,3% e -3,1%, rispettivamente.
Per quanto riguarda il numero degli occupati, sempre nell’agricoltura meridionale, il calo è stato dello 0,9%. Nella strategia del lavoro, sul piano nazionale, centomila posti potrebbero essere offerti dalla “green economy” per combattere la voragine della disoccupazione giovanile, come emerge dal dossier “Lavorare e vivere green in Italia” presentato giorni fa al Nelson Mandela Forum di Firenze.
In ogni caso, la campagna “tira” in Italia, sia pure nell’incertezza di come sarà applicata la nuova Politica agricola comune 2014-2020. L’aumento di iscrizioni negli istituti professionali e nelle facoltà universitarie di agraria sono una conferma del trend favorevole. Quasi un’impresa agricola su 3 è nata negli ultimi 10 anni, mentre il 6,9% dei titolari ha meno di 35 anni ed è alla guida di 54.480 aziende. Di queste – secondo un’analisi elaborata dalla Coldiretti – opera in attività multifunzionali: dall’agriturismo alle fattorie didattiche, dalla vendita diretta dei prodotti tipici e del vino alla trasformazione del latte in formaggio, dell’uva in vino, delle olive in olio, ma anche produzione di pane, birra, salumi, gelati e cosmetici.
Nel Sud si concentrano circa i due terzi delle coltivazioni biologiche nazionali con quasi la metà delle imprese agricole e il 10% del territorio è coperto da parchi e aree protette. Un patrimonio che, secondo la Coldiretti, «rappresenta una chance formidabile per generare nuovo sviluppo e opportunità occupazionali se viene dato valore al rapporto con il territorio, in un sistema integrato che coinvolge tutti i protagonisti, dall’agricoltura all’industria, dalla finanza al commercio fino al turismo, in stretta connessione con le risorse storiche, archeologiche, culturali ed ambientali di cui il Sud è ricchissimo».
E in Sicilia? «Il biologico, le innovazioni colturali, la multifunzionalità dell’agriturismo, la vendita diretta – sostengono il presidente e il direttore della Coldiretti regionale, Alessandro Chiarellie Giuseppe Campione – sono alcuni degli ambiti scelti dai giovani e che possono ancora fornire lavoro. Del resto, come conferma l’Istat, l’agricoltura è l’unica attività economica che nel Mezzogiorno regge alla crisi. È un dato positivo che contribuisce a individuare nuove potenzialità e nonostante le difficoltà infrastrutturali e di mercato si evidenzia l’importanza di investire nel settore primario in un territorio che è in grado di esprimere primati gastronomici, alimentari e ambientali.
La Sicilia – concludono Chiarelli e Campione – è leader nelle coltivazioni biologiche, ha parchi e riserve naturali nonché un patrimonio storico, artistico e archeologico senza paragoni che può decisamente contribuire a generare nuovo sviluppo. Il territorio, il mare, la storia, la cultura rappresentano, infatti, lo straordinario valore aggiunto delle strutture agrituristiche dell’Isola». Giorgio Petta la sicilia
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