Il succedersi dei “colpi di scena” di questi ultimi giorni all’Ars a proposito della Riforma del governo locale in Sicilia (soppressione delle attuali Province e istituzione dei Liberi Consorzi di Comuni e delle Città metropolitane) è desolante.
Preoccupa il decadimento che si va consumando nella politica siciliana stretta tra l’esaurirsi di quelle risorse pubbliche da sempre principale alimento del mercato politico, da un lato, e il proliferare dei veti incrociati tra i singoli esponenti politici (o fragili loro cordate) di partiti ormai allo sbando come soggetti collettivi, e il cui esito decisionale è ben descritto dal “garbage can model” (“bidone della spazzatura”), dall’altro.
È impossibile dire come andrà a finire; a meno di pensare che tutto possa sospendersi nell’attesa che il Parlamento approvi il «disegno Delrio», e che l’Ars, a sua volta, lo recepisca con un’apposita norma (magari in armonia con alcuni principi contenuti nella legge regionale 9 del 1986). Rimane, comunque, l’ingenuità di aver pensato che una riforma di siffatta portata possa essere trattata come una riforma “qualsiasi”, dimenticando il ruolo assolutamente strategico delle istituzioni locali nella vita delle comunità in tutte le loro declinazioni.
Nell’attesa, allora, che l’Ars decida di istituire una Commissione speciale di studio per la elaborazione di un testo di riforma organica (a proposito: a quanto la riforma dello Statuto siciliano?), c’è da chiedersi se non sia possibile ridurre la complessità concentrandosi su alcuni interventi quantomeno utili a rimediare alla inadeguatezza del modello ereditato dal passato.
È il tema della “Città metropolitana” (tutt’altra questione è quella dell'”Area” e del “Sistema” metropolitano, che meritano un approfondimento a parte). Rinunciarvi sarebbe un errore. Per potere usufruire delle ingenti risorse finanziarie della programmazione europea 2014-2020. Certo. Ma non (sol) tanto per questo.
Forse con minore enfasi rivoluzionaria, ma certo con maggiore ragionevolezza, servirebbe innanzitutto concordare sull’oggetto: la Città metropolitana canonicamente definita come l’esito degli intensi processi di conurbazione che nel tempo hanno interessato talune aree geografiche, al punto da aver creato una vera e propria “saldatura” dei Comuni che vi ricadono. Emblematico il caso di Catania, il cui gradiente metropolitano sta già nella dislocazione dei tre principali presidi ospedalieri – Vittorio Emanuele/San Marco, Garibaldi e Cannizzaro – “fuori” dalla città vera e propria.
La nuova forma urbana richiede piani strategici e politiche unitarie in una gran quantità di materie (comprese quelle in campo finanziario). L’ormai ineludibile focus sulla “sostenibilità istituzionale” chiama però in causa anche i temi della legittimazione democratica e dell’accountability; temi, entrambi, che a partire dalla natura metropolitana di “città di città”, richiedono un processo costitutivo “dal basso” (referendum popolare?) nel quale non può esserci spazio né alla retorica delle identità locali né alla loro demonizzazione in ossequio a spinte neo-accentratrici e neo-gerarchiche. L’approdo istituzionale riguarda la distribuzione dei ruoli e delle competenze, rispettivamente, dell’autorità metropolitana e di quella municipale.
La proposta, in concreto, è che all’Autorità metropolitana vengano riconosciute funzioni sia di regolazione (elaborazione, monitoraggio e valutazione dei molteplici piani e programmi di sviluppo territoriale) sia di generazione e di amministrazione attiva dei servizi “a rete” sovra-comunali. La forma di elezione dei suoi organi di governo dovrebbe prevedere l’elezione di primo grado per il sindaco metropolitano (con il corredo di programma e membri della Giunta previsto dalle vigenti regole per le elezioni amministrative), e di secondo grado per l’elezione del Consiglio metropolitano, con elettorato attivo esteso a tutti i sindaci e consiglieri delle autorità municipali ricadenti nel territorio della Città metropolitana.
Quanto, invece, ai Municipi metropolitani (tali potrebbero diventare anche alcune attuali circoscrizioni) ad essi spetterebbe l’amministrazione diretta di tutti i servizi alla persona, nonché le funzioni di implementazione dei piani e programmi definiti dall’Autorità metropolitana (ferma restando, ovviamente, la loro partecipazione ai rispettivi processi decisionali). Il sistema elettorale dei suoi organi di governo dovrebbe essere di primo grado sia per il sindaco municipale sia per il Consiglio municipale.
Renato D’Amico la sicilia
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