In vista della ripresa del dibattito sulla riforma delle Province, prevista martedì prossimo, si cerca di recuperare le Città metropolitane.
Non sarà semplice: l’occasione sarà il voto sul’art. 7 che, come per il secondo comma dell’art. 1 e per le votazioni di questi giorni, sarà chiesto lo scrutinio segreto. E nessuno potrà vietarlo, nemmeno il governo che non può porre la fiducia. L’impresa si profila alquanto difficile.
Intanto, si fa sentire la Confindustria con i presidenti di Catania, Messina e Palermo.
Da Catania, Bonaccorsi di Reburdone esprime preoccupazione perché l’arresto delle città metropolitane, «al di là del suo significato politico, assume connotati estremamente preoccupanti per tutto il mondo delle imprese». Entrando nel merito Bonaccorsi precisa: «Dall’istituzione di queste realtà amministrative passa anche la canalizzazione d’importanti risorse economiche dedicate a investimenti per le infrastrutture nel territorio, con evidenti vantaggi per cittadini e sistema produttivo. Nel momento in cui la crisi ci spinge a ragionare in una logica di rete per essere più competitivi, la politica, ancora una volta, non sembra essere allineata ai tempi e alle esigenze delle imprese».
Da Messina, Alfredo Schipani: «Nel rispetto di quelle che possono essere le esigenze di partito o di un conflitto, peraltro fuori anche dagli schemi, non possono gli interessi di alcuni mortificare e danneggiare un territorio come quello siciliano che già di mortificazioni e danni ne ha subiti troppi».
Da Palermo, Alessandro Albanese: «All’ipotesi di modernizzazione e sviluppo, l’Ars ha preferito le logiche di sottobosco politico. Le Città metropolitane ben avrebbero rappresentato il segno della semplificazione, dell’accelerazione delle procedure burocratiche e dei flussi di risorse destinate a investimenti infrastrutturali. È fondamentale che l’Ars ponga rimedio a questa scellerata battuta d’arresto e approvi in tempi brevissimi la riforma. Le imprese non possono più aspettare».
La Cisl-Sicilia torna alla carica per il ripristino delle città metropolitane, ma punta anche alla tutela del personale delle società “house” degli enti: circa 700 dipendenti in quattro società nelle province di Catania (391), Palermo (circa 160), Caltanissetta (34) e Siracusa (110). Il segretario regionale della Fisascat-Cisl, Calabrò, parla di «macelleria sociale» e ricorda al governo: «È stato bocciato un emendamento che prevedeva la tutela di questo personale, perché a rischio impugnativa del Commissario dello Stato. Alcuni parlamentari hanno presentato un odg che impegna il governo Crocetta a salvaguardare i lavoratori».
D’Asero (Ncd): «A colpi di maggioranza, la riforma rischia seriamente di essere un’occasione sprecata per un dignitoso collocarsi in Europa dell’Isola. L’ultimo baluardo di difesa sta nelle democratiche elezioni dirette dei presidenti di Consorzio». Mercoledì prossimo il neo-segretario regionale del Pd, Raciti, ha convocato il gruppo parlamentare all’Ars, mentre nell’Aula di Sala d’Ercole si svolge proprio il dibattito sulla riforma delle Province.
Giovanni Ciancimino lasicilia
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