«Ormai siamo ridotti alla miseria e qui non c’è verso di poter lavorare.
Per questa ragione ho deciso di lasciare l’Italia». È l’amaro sfogo di Ignazio Cutrò, imprenditore antiracket di Bivona, in provincia di Agrigento, che ha deciso di mollare tutto, vendere quel che resta della sua impresa edile e abbandonare il Paese. Una vittoria per le cosche, contro chi, con le sue dichiarazioni, ha consentito alla magistratura di far arrestare prima e condannare poi gli estortori con base in una delle aree siciliane dove i clan sono ancora feroci e vendicativi.
Il testimone di giustizia, che ha già comunicato la sua dolorosa decisione al sottosegretario agli Interni, Filippo Bubbico, vive sotto scorta e sotto protezione dal 2008.
«È inutile girarci intorno – racconta – ormai siamo ridotti in miseria. I privati non mi hanno più chiamato per lavorare e non posso nemmeno partecipare alle gare pubbliche perché ormai non ho più la documentazione amministrativa in regola.
Non ho neanche i soldi per vivere, da quasi un mese a casa hanno tagliato luce e gas. Ho chiesto al ministero che ai miei figli venisse concessa quella possibilità di rifarsi una vita, di andare via dalla Sicilia con una nuova identità in una località protetta e ricevere il sussidio dallo Stato.
Così, avrebbero potuto studiare e costruirsi un futuro. Ma anche quella richiesta è stata bocciata».
Forse oggi Cutrò si pente di non aver lasciato prima la Sicilia: «Avevo deciso di continuare a lottare – dice – e sono rimasto nella mia terra perché ero convinto che fosse necessario dare una testimonianza concreta di come sia possibile sconfiggere la mafia. Evidentemente avevo torto. Ero convinto che lo Stato mi avrebbe aiutato. Oggi mi sento sconfitto e il segnale che arriva a chi testimonia contro le cosche mafiose non è certo incoraggiante. Forse qualcuno – aggiunge rivolgendosi a Bubbico – potrebbe rispondere che non disponevate degli strumenti, ma sarebbe l’assurdo in assoluto perché interpellando il governo potevate modificare le norme per facilitare l’integrazione dei testimoni di giustizia e dare loro la possibilità di vivere una vita normale. A quanto pare, però, questa volontà non c’è, non c’è la volontà di passare ai fatti ma si vuole lasciare tutto alle chiacchiere: ecco i risultati».
dario broccio lasicilia
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