Processo «Golem 2»: le condanne e le assoluzioni.
Un’altra condanna è stata inflitta al boss latitante Matteo Messina Denaro. Altri 10 anni di carcere, per associazione mafiosa, in continuazione ai 30 recentemente divenuti definitivi.
Una pena che riguarda il periodo dal 28 novembre 2008 in poi. È quella decisa dal Tribunale di Marsala (presidente Sergio Gulotta, giudici a latere Sara Quittino e Roberto Riggio) a conclusione del processo scaturito dall’operazione «Golem 2» del 15 marzo 2010, quando furono arrestati diversi presunti affiliati e fiancheggiatori della famiglia mafiosa capeggiata dal boss castelvetranese.
La pena più severa (14 anni e mezzo di carcere) è stata, però, inflitta a Giovanni Risalvato, imprenditore edile ed ex consigliere comunale di Forza Italia a Castelvetrano.
Gli altri imputati condannati sono Lorenzo Catalanotto (13 anni e mezzo), Tonino Catania (13 anni), Maurizio Arimondi (12 anni e mezzo), Vincenzo Panicola (10 anni), Marco Manzo (4 anni) e Nicolò Nicolosi (2 anni e 3 mesi). Sono stati, invece, assolti Calogero Cangemi, Giovanni Filardo, Filippo Sammartano, Giovanni Stallone e Leonardo Ippolito.
Al termine della requisitoria, i pm della Dda Paolo Guido e Marzia Sabella avevano chiesto la condanna di tutti gli imputati, invocando complessivamente pene per oltre 200 anni di carcere. Evidenziando soprattutto il ruolo, ormai di primissimo piano, di Messina Denaro in seno a Cosa Nostra. «Questo processo – affermò il pm Marzia Sabella – riguarda la mafia storica e ricca, lo zoccolo duro, a cui anche quella di Palermo si rivolge per sapere cosa fare. Come quando nel mandamento del capoluogo dell’isola si cercava un nuovo capo che potesse sostituire Riina. In quell’occasione, l’intervento di Matteo Messina Denaro fu risolutivo.
A chi gli aveva chiesto un parere lui inviò un pizzino con il quale diceva di ‘non conoscere nessuno’. A quel punto, il progetto si bloccò. E sempre dai pizzini si scopre che un parere a Messina Denaro fu chiesto anche quando doveva essere scelto il nuovo capo della famiglia mafiosa di San Lorenzo, a Palermo».
Elementi che hanno portato il rappresentante dell’accusa ad affermare che «Matteo Messina Denaro, oggi, può essere considerato il capo assoluto di Cosa Nostra». Tra le accuse a vario titolo contestate ai tredici imputati, anche il trasferimento fraudolento di società e valori, estorsione, danneggiamento e favoreggiamento personale.
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Chi tocca Di Matteo e la sua scorta muore.
Questo lo dovrebbe dire un capo dello stato, lo dovrebbe dire un premier, lo dovrebbero dire i leader di TUTTI i partiti dell’arco parlamentare.
Ma così non è.
E allora, lo dicono i cittadini qualunque:
Chi tocca Di Matteo e la sua scorta muore.
http://www.ilcittadinox.com/blog/di-matteo-come-dalla-chiesa-falcone-e-borsellino.html
Gustavo Gesualdo
alias Il Cittadino X