Il grido di dolore di Francesco: «Unire gli sforzi perché non si ripetano queste tragedie».
«Vergogna! ». La parola di Papa Francesco risuona nell’Aula Clementina, dove sta incontrando i partecipanti all’incontro per il cinquantesimo anniversario della Pacem in Terris.
Ma l’ennesima strage del mare a Lampedusa era un fatto inaccettabile per Papa Francesco. Lampedusa era stata scelta dal Papa come tappa del suo primo viaggio in Italia.
C’era voluto andare dopo aver letto di un barcone di immigrati affondato al largo delle coste della Sicilia, portandosi dietro il suo carico di morti della speranza. E aveva voluto che fosse una visita senza alcuna autorità politica. Un rito di penitenza per quei morti in mare. E in quel giorno, a Lampedusa, sembrava che ci fosse stata la vera incoronazione di Papa Francesco. Perché era stata una corona di fiori bianchi e gialli quella lanciata dal Papa in mare, a ricordare quei morti. Ma c’era anche stata una corona di volti neri intorno alla veste bianca del Papa, quando questi ha incontrato gli ospiti del centro di accoglienza. E poi la corona di lampedusani intorno all’altare.
In quel lunedì di luglio, Papa Francesco aveva sentito il grido di dolore che veniva da quel tratto di mare dove in migliaia hanno perso la vita. E la tragedia di ieri è andata solo ad aggiungere numeri al conto dei morti. Per Papa Francesco, un dato inaccettabile.
Così l’altro ieri, dopo aver letto il discorso per la Pacem in Terris, stacca gli occhi dal foglio, e parla a braccio. «Parlando di pace e parlando dell’inumana crisi economica mondiale – dice – un sintomo grave della mancanza di rispetto dell’uomo, non posso non ricordare con grande dolore le numerose vittime dell’ennesimo tragico naufragio avvenuto a largo di Lampedusa. Mi viene la parola: vergogna! È una vergogna! Preghiamo insieme Dio per chi ha perso la vita, uomini donne, bambini, per i familiari e per tutti i profughi. Uniamo i nostri sforzi perché non si ripetano queste tragedie. Solo una decisa collaborazione di tutti può aiutare a prevenirle! ».
Era stato anche uno schiaffo al mondo politico, quella visita a Lampedusa. Non volendo nessuna autorità a fianco, Papa Francesco dava un segnale chiaro: la politica non si è occupata dei rifugiati, e il mio compito è quello di occuparmi di loro. Con la Bibbia in mano, il Papa aveva riletto la domanda che Dio fece ad Adamo dopo il peccato originale e a Caino dopo l’omicidio di Abele. Aveva richiamato tutti alle proprie responsabilità. Aveva spiegato il perché del suo essere a Lampedusa: «Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta».
Oggi, Lampedusa è la piccola lampada della speranza per migliaia di rifugiati. A loro Papa Francesco dedica una parte importante del suo magistero. E ieri ha fatto sapere che le vie della pace sono anche quelle che passano per l’accoglienza dei rifugiati. La via della pace passa anche per quella striscia di terra tra l’Italia e l’Africa dove in oltre 20 mila sono morti dal 1988. E dove i lampedusani continuano ad accogliere persone sin dagli anni Settanta.
Davvero Lampedusa merita il Nobel per la pace.
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