Verso il congresso.
Frecciate e stilettate sono all’ordine del giorno, ma sulle regole del congresso, dopo tanto discutere, il Pd non intende continuare a farsi del male. L’obiettivo condiviso è quello di non trasformare l’assemblea nazionale di venerdì e sabato a Roma in un bagno di sangue. Ognuno sarebbe disposto a cedere su qualcosa pur di chiudere la questione che non appassiona un elettorato assetato di contenuti. Bersaniani e daleminani sarebbero disposti a far votare la modifica dello statuto per eliminare l’automatismo in base al quale il segretario del Pd è anche candidato premier del centrosinistra. I renziani, dal canto loro, potrebbero venire a più miti consigli sulla data del congresso e accettare un compromesso sull’8 dicembre, anziché sul 24 novembre come indicato nell’ultima direzione del partito.
«Abbiamo il dovere di trovare la massima convergenza come segnale di responsabilità da dare al partito e alla sua base. Ci auguriamo che si passi alla fase del confronto sui contenuti abbandonando quella delle schermaglie sulle candidature», afferma Guerini, ex-sindaco di Lodi renziano.
Il clima è più disteso, eppure ci sono gli «scricchiolii» avvertiti dal segretario, Epifani, e non si può escludere che la riunione di fine settimana si trasformi in una conta: l’assemblea, composta da circa novecento membri, è stata eletta quando Bersani era segretario e rispecchia i vecchi equilibri che nel frattempo, però, sono cambiati e la tentazione di una verifica sul campo è forte.
Tuttavia, Renzi sembra aver inaugurato un’altra strategia. Continua a pungolare il governo perché la sua meta è pur sempre palazzo Chigi, ma per la tappa intermedia: la segreteria Pd. In quest’ottica procedere per strappi sulle regole non gli fa gioco. Meglio, invece, lanciarsi alla conquista del partito passando da Milano a Roma dove l’altro ieri si è presentato a fianco di Veltroni per presentare un libro di Morando e Tonini. Ed è proprio Veltroni a dargli il consiglio che pare gli abbia dato anche Prodi: «A Matteo dico che lui deve mandare messaggi inclusivi senza fare gli errori che io ho fatto» (scaricare la sinistra?).
«Nel 2008 votare Pd andava di moda, si potrebbe dire che era “cool”, fico, era appassionante, negli ultimi anni invece votare Pd è da poveretto, come chi fa la terapia di gruppo per auto-recupero», afferma il sindaco di Firenze che non rinuncia a una stilettata a Letta: «Sento dire “dovremo incrociare la ripresa” o “dobbiamo agganciare la ripresa”, come se la ripresa fosse un autobus. Servono, invece, riforme radicali e serie. La ripresa si costruisce non si aggancia». E ribadisce: «Sono convinto che vinceremo, ecco perché ho detto “asfaltiamo il Pdl”».
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