Lascia a Palermo il fuoco amico del Pd che gli è piovuto addosso appena tornato dalle ferie e si rifugia nella sua città, nella sua stanza da sindaco, un tempo di un colore azzurro cupo che il suo successore ha fatto smorzare. La Madonna delle Grazie, sua protettrice contro le avversità del governare, però c’è sempre. Ma gli attacchi del Pd, al tempo in cui era sindaco, sono acqua fresca rispetto a quelli che riceve oggi. E’ il suo modo di affrontare situazioni di questo tipo che non è cambiato. Crocetta è uno che non vuol cadere e, se proprio deve cadere, vuol cadere in piedi. Attacca e, se attaccato, rilancia.
Al municipio di Gela arriva quasi puntuale (come non è suo costume) e appare sereno. Avrebbe potuto inviare un comunicato stampa per far sapere ai suoi concittadini che l’Eni sta per cominciare i lavori di ripristino della diga foranea (140 milioni di euro) e che tra 150 giorni avranno il Prg atteso da quarant’anni. Vuole, invece, il contatto con la sua gente. Il presidente cambia subito umore quando i cronisti scavano nella polemica tra lui e il Pd e sulla richiesta di rimpasto del segretario regionale, Lupo.
La risposta immediata è la stessa del giorno prima. Un secco “no” al rimpasto che ha il sapore di una sfiducia e di uno sgambetto. Ma i toni sono diversi da quelli di lunedì scorso, sicuramente più tesi.
Il botta e risposta a distanza tra il presidente e il segretario con il passare delle ore è da guerra aperta: di quelle che non consentono tregue e devono per forza concludersi con un vincitore e un vinto.
Se in mattinata Crocetta era possibilista su un rimpasto non generalizzato, in serata le cose si complicano. «Cretinate, fesserie»: così ha più volte ha definito i passaggi delle dichiarazioni di Lupo.
«Volete la verità? E’ una sola: Lupo cerca lo scontro con parole che non riesco a comprendere. Ma faccia ciò che vuole. Continui con i suoi giochi e giochetti della politica. Ma lo faccia da solo senza importunarmi. A me questo livello della politica non interessa».
A chi gli fa notare che Lupo ha detto che non è una questione di poltrone, Crocetta risponde: «Se ci sono degli assessori su cui loro non esprimono un giudizio negativo, però li vogliono cambiare, come definire questo gioco se non un gioco di poltrone? ».
E aggiunge: «Ho sentito dire che un papabile assessore è lo stesso Lupo. Ma come può pensare di entrare in un governo di cui sta dicendo peste e corna? Siamo alla fantascienza».
Il presidente lancia un appello al Pd: «Lasciatemi in pace. Io non vi capisco, non so che volete da me. Ora sono accusato anche di essere volgare, di fare intimidazioni? E’ questo il linguaggio di un alleato? Del partito del presidente? Un presidente che è attaccato dal suo partito mentre cerca di salvare la Sicilia. Io sono del Pd; bisogna vedere se lo è Lupo, visto che vuol distruggere il partito: cerca da anni lo scontro. Io non ci voglio entrare negli scontri per il congresso. Questi problemi non mi interessano, io devo governare. Ho molte cose da fare. Se il Pd ritiene che i suoi assessori non vadano bene, li ritiri. Per me vanno bene».
Insomma, per il presidente non c’è alcuna crisi in atto alla Regione. Ma il suo partito dice tutt’altro: «Si inventano cose assurde per attaccarmi -aggiunge -; tirano in ballo i lavoratori della formazione. Ma il Pd difende i lavoratori o gli enti mangiasoldi? Perché, se difende i lavoratori, non dovrebbe attaccare il suo presidente. Eppoi, sempre la stessa storia del Megafono. E basta… Tutti i presidenti hanno avuto la loro lista». Inutile parlare dell’imminente congresso nazionale. Crocetta se ne va dalla sua città, dopo il bagno di folla amica, verso la salita che lo aspetta.
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