Il dopo-Province. Le due principali ipotesi di perimetrazione sul tavolo dei “saggi” della Regione. Il governo: «A settembre il ddl». In ballo due diverse idee di città metropolitane con tre o quattro aree “trasversali” agli ex enti.
Ecco la nuova mappa della Sicilia. O meglio: ecco, srotolate sullo stesso tavolo, le diverse “idee” di Sicilia dalle quali si partirà per disegnare il futuro della nostra terra. Magari sarà un gioco sotto l’ombrellone. Un divertissement dell’ultimo scorcio di quella che è (o dovrebbe essere) l’ultima estate delle nove Province regionali.
O forse è qualcosa di più, visto che il tavolo di lavoro istituito all’assessorato regionale delle Autonomie locali ha già prodotto un documento finale, distribuito ai deputati di Sala d’Ercole. Ma gli 89 “saggi”, suddivisi in quattro diversi gruppi di lavoro, hanno sul tavolo anche altre ipotesi, una delle quali è ritenuta la più attendibile, con tanto di allegata ipotesi di soppressione di ben 230 degli attuali Comuni, che – alla fine della fiera – diventerebbero 160.
Eccolo, dunque, il nuovo volto geopolitico dell’Isola. Ipotizzato, concertato (con non poche pressioni dai tanti campanili), disegnato su una mappa. E accompagnato da una serie di relazioni per riempire di contenuti quelle mappe: dal trasferimento delle funzioni delle Province alle funzioni e all’assetto istituzionale dei nuovi organi territoriali. Con diversi capitoli di un vademecum per gestire le eredità più difficili: personale, rifiuti, tributi e partecipate. Su questi aspetti ci soffermiamo nei cinque box che pubblichiamo a pagina 5.
Perché l’aspetto più epidermicamente suggestivo è sbirciare le mappe della Sicilia che sarà. E noi lo facciamo in esclusiva, illustrando le due principali soluzioni sul tavolo. «Ipotesi di lavoro che sono state discusse con attenzione assieme ad altre e che, pur essendo entrambe attendibili saranno oggetto di ulteriori verifiche alla ripresa del tavolo di lavoro, prevista ai primi di settembre». L’autorevole precisazione è di Enrico Gugliotta (capo di gabinetto dell’assessore alle Autonomie locali Patrizia Valenti), il quale coordina il primo gruppo che si occupa di “Trasferimento delle funzioni delle Province e del relativo personale – Delega di funzioni della Regione – Accorpamento Comuni”.
La prima ipotesi
Partiamo dalla proposta più “segreta”. Rimasta confinata nei carteggi interni dei componenti il gruppo di lavoro. Si chiama “Ipotesi di nuova suddivisione amministrativo-territoriale in Sicilia” ed è curata da Giuseppe Gangemi, docente di Urbanistica all’Università di Palermo, attraverso un “regesto cartografico” che parte dalla suggestione di una cartina del 1799 di Thomas Kitchin, con la suddivisione del Regno di Sicilia in tre parti (Val di Mazara, Val Demone e Val di Noto), rielaborata anche in versione attuale. Incrociando l’attuale suddivisione in nove Province si arriva alla prima proposta di suddivisione in città metropolitane e ambiti territoriali intermedi, limitandosi a «fornire ipotesi di aggregazione territoriale per l’uno e per l’altro livello – precisa Gangemi -, accettando quanto sino a oggi è emerso dal dibattito».
Questa prima ipotesi (si veda la mappa in alto) è costruita attorno alle tre “Città metropolitane di Sicilia” dentro le quali si scioglierebbero i centri dei rispettivi hinterland diventando “Municipalità” (sul modello delle macrocircoscrizioni di “Roma Capitale”) del nuovo gigantesco Comune. Catania (27 municipalità), Messina (47) e Palermo (26) raggrupperebbero assieme oltre 1,2 milioni di abitanti. «L’estensione è ipotizzata – dettaglia il docente di Urbanistica – in misura analoga a quella delle precedenti, ma mai attuate, “aree metropolitane”, nonostante esse abbiano avuto tutte le approvazioni normative e amministrative di rito. Accanto alle tre “big” si costruirebbero tre “Ambiti territoriali intermedi di area vasta”. Quello etneo ricomprenderebbe parti dalle ex province di Catania, Caltanissetta, Enna, Ragusa e Siracusa; ma con una “cura dimagrante” per i Comuni, che – accorpando quelli inferiori a 5mila abitanti – si ridurrebbero ad appena 75, affiancati da 106 Municipalità. Nell’ambito di Messina la parte tirrenico-nebroidea (21 Comuni e 57 Municipalità), mentre quello di Palermo avrebbe 60 Comuni e 119 Municipalità. Come settimo sigillo quest’ipotesi prevede anche, in deroga al numero minimo di residenti, l’Unione dei Comuni delle isole minori, «per le peculiarità – precisa Gangemi – che le contraddistingue rispetto ai servizi e alle funzioni».
La seconda ipotesi
L’altra mappa della Sicilia futura è quella già consegnata ai deputati regionali e che quindi è stata oggetto di un primo dibattito e di un mezzo “disconoscimento” da parte del governatore Rosario Crocetta. Ma comunque si tratta, in atto, di una sintesi importante – in tutto 126 pagine – del lavoro dei tecnici.
Anche qui sono previste le tre città metropolitane di Catania, Palermo e Messina, ma in versione più estesa; perché, ad esempio, quella etnea si estenderebbe da Fiumefreddo ad Augusta. In questa versione sono presenti inoltre tre grandi aggregazioni extrametropolitane: il consorzio di Mazara (da Trapani fino ad Agrigento prendendo una parte di Caltanissetta, esclusa Gela) quello di Noto (Ragusa, Siracusa più porzioni di Catania, con il Calatino-Sud Simeto, e di Caltanissetta con Gela e Niscemi) e quello di Demona, che coprirebbe la parte di Messina che non rientra nell’area metropolitana, Enna e la restante porzione nissena. Le isole minori, in questa ipotesi, sarebbero aggregate alle aree rispettivamente più prossime.
Le prossime tappe
Adesso il presidente Crocetta spinge sull’acceleratore: già questa settimana ci sono stati numerosi contatti con l’assessore Valenti. L’idea è quella di arrivare quanto prima a un disegno di legge, che «il governo completerà già la prossima settimana», ha promesso il presidente. L’assessore, pur frenando sul termine del 31 dicembre per “rottamare” definitivamente le Province («potrebbe volerci anche del tempo in più per un lavoro organico», ha detto negli scorsi giorni) sta valutando se inserire un articolo “taglia-comuni” nello stesso ddl. «Ma è più probabile – confida il suo capo di gabinetto – che l’argomento venga inserito in una norma a parte».
E intanto l’opposizione affila le armi. Enzo Vinciullo, deputato del Pdl, si autodefinisce «uno di quegli scemi che in estate s’è messo a studiare la bozza che ci hanno consegnato, pur carente e con cose grottesche tipo il furto del porto di Augusta da parte di Catania, che poi scopriamo non essere l’unica ipotesi sul tavolo». Vinciullo chiede a Crocetta di «essere conseguenziale e se rinnega il lavoro di questi 89 “padri costituenti”, secondo me più politici che tecnici, allora non li paghi». E invoca l’intervento del presidente della commissione Affari istituzionali all’Ars, Marco Forzese, affinché «si ridia centralità al Parlamento siciliano, unica sede dove si deve scegliere il futuro di questa terra». Insomma, il tempo per i giochi sotto l’ombrellone è finito. E si fa di nuovo sul serio.
L’assetto istituzionale
Un “super sindaco” con più poteri ma accanto tre diverse assemblee.
Per capire come funzionerà l’assetto istituzionale dei nuovi territori il principale riferimento viene fornito dal lavoro che i tecnici hanno svolto soprattutto sulle città metropolitane. Una bozza che, per analogia, potrebbe essere applicata anche ai Consorzi extra-metropolitani. Nello schema tracciato dal gruppo di lavoro “Città metropolitane” si distinguono due diverse ipotesi. La prima, più che altro un esempio accademico, è un ente con funzioni di semplice coordinamento, con elezione indiretta degli organi di governo e i Comuni che mantengono autonomia finanziaria e patrimonio. Perché ad attagliarsi alla situazione siciliana è la seconda ipotesi: soppressione dei Comuni e della Provincia regionale, a cui subentra la Città metropolitana. Che avrà degli organi rappresentativi su più livelli. Il sindaco della città metropolitana, eletto a suffragio universale per un quinquennio rinnovabile al massimo per un secondo mandato, «rappresenta l’ente ed è titolare delle funzioni esecutiva». Il super-sindaco presiede la Giunta metropolitana, composta da un numero massimo di 8 assessori nominati dal primo cittadino. L’altro organo previsto dalla bozza è la Conferenza metropolitana, composta dai presidenti delle Municipalità – in pratica: gli ex sindaci degli ex Comuni confluiti nella Città metropolitana – fra i quali elegge il proprio presidente. La Conferenza, secondo questa ipotesi, esprime pareri vincolanti su alcune materie (tra le quali piani territoriali e urbanistici e ordinamento di uffici e servizi) e pareri «necessari ma non vincolanti» su altri aspetti, quali bilancio, lavori pubblici, tributi e contrazione di mutui.
Accanto a questo organo composto da membri di diritto, ne è previsto un altro: il Consiglio metropolitano, «organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo». In pratica un Consiglio dei (vecchi) Consigli comunali, eletto direttamente dai cittadini. Nella bozza sono previsti due tipi di sistema elettorale: una con scheda unica rispetto al sindaco (proporzionale con sbarramento al 5% e premio di maggioranza al 55%); una seconda con doppia scheda e proporzionale puro o maggioritario a turno unico in collegi uninominali. Non è indicato il numero dei componenti, il mandato dura 5 anni; il Consiglio metropolitano può sfiduciare il sindaco. A valle è previsto anche il governo dei Municipi, con elezione diretta di un mini-sindaco (il presidente del Municipio) e di un consiglio.
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