Un grande lavoro attende, in questa legislatura, la commissione regionale Antimafia presieduta da Nello Musumeci. Le continue denunce del presidente della Regione sulla presenza della mafia in diversi gangli dell’amministrazione regionale, impongono un’attenzione speciale, un lavoro in profondità che nel passato non c’è stato.
On. Musumeci, quali sono le direttrici in cui si muoverà la commissione regionale Antimafia da lei presieduta?
«La costante vigilanza della commissione Antimafia nei riguardi dell’amministrazione regionale, degli enti locali e di quelli comunque sottoposti al controllo della Regione è un punto fondamentale della lotta alla mafia. Del resto, l’interesse principale delle cosche è rivolto alla spesa pubblica e quindi alle istituzioni. E noi abbiamo il dovere di controllarne la gestione».
La mafia da qualche tempo non usa più la lupara per imporre le proprie regole, sembra che disponga di colletti bianchi in grado comunque di fare fiorire i suoi affari.
«La mafia di oggi è diversa da quella tradizionale. Il sistema delle incentivazioni e delle contribuzioni provenienti dal bilancio della Regione o dai fondi strutturali viene intercettato da questa nuova mafia che potremmo definire imprenditoriale. Capace di essere presente nelle istituzioni per conoscere tutto e tutti. L’abbiamo trovata persino nella produzione cinematografica cofinanziata dalla Regione: imponeva le società di servizi e pure le comparse. Anche il regista Tornatore ha dichiarato che in Sicilia per girare un film si paga la tangente. E noi abbiamo aperta un’indagine per accertare eventuali responsabilità tra il personale regionale dipendente».
Tutto ciò è il sintomo della crisi dell’Autonomia siciliana.
«L’Autonomia regionale oggi in Sicilia è in profonda crisi. È una crisi istituzionale e statutaria, che si accompagna ad una paurosa crisi economica e sociale dell’Isola. Il Parlamento per legiferare non può preventivamente consultarsi col commissario dello Stato per scongiurarne l’impugnativa. È un atto di grande debolezza, che delegittima l’Assemblea regionale siciliana ed avvilisce la specificità dello Statuto. Serve un sussulto d’orgoglio da parte del parlamento. E la politica deve tornare ad essere credibile, a darsi delle regole, ad espellere le tossine che le hanno provocato nel tempo una deriva morale disarmante e vergognosa, tanto nel centrodestra quanto nel centrosinistra. E la mafia, che è il contropotere rispetto al potere istituzionale, approfitta di questa debolezza e lavora in silenzio per affermare la sua presenza e qualche volta il suo dominio nei vari rami dell’amministrazione regionale».
Tutto sommato, sta dicendo ciò che sostengono i cosiddetti professionisti dell’antimafia. Si è arruolato pure lei?
«Nutro molta diffidenza verso i “professionisti dell’antimafia”, che spesso formano delle lobby politiche o economiche, veri e propri strumenti di potere. Un metodo che non è di effettivo contrasto alla mafia ma utile solo a facilitare la carriera di qualcuno. Il potere fondato sulla lotta alla mafia – diceva Leonardo Sciascia nell’87 – è molto simile al potere mafioso».
Non abbiamo ancora parlato di ciò che ha fatto la “sua” commissione Antimafia.
«La commissione Antimafia dell’Ars, costituita da appena due mesi, è partita col piede giusto. All’orgoglio di essere stato eletto presidente alla unanimità, si aggiunge la soddisfazione di vedere tutti i colleghi commissari impegnati con passione e responsabilità. Abbiamo già esitato due importanti disegni di legge: uno d’iniziativa governativa, per estendere ai testimoni di giustizia i benefici previsti per i familiari delle vittime di mafia; l’altro per la istituzione di un’Agenzia regionale che collabori con quella nazionale, coi Comuni e i privati nell’assegnazione e gestione dei beni confiscati ai mafiosi. Su questo versante c’è ancora tanto da fare in Sicilia. Un’azienda sottratta dallo Stato alla mafia e restituita alla legalità non può morire subito dopo perché non riesce a stare sul mercato. È una sconfitta dello Stato ed una rivincita della cosca».
I prossimi impegni?
«Già ai primi di settembre terremo in commissione una serie di audizioni per fare luce su alcune vicende legate ai parchi eolici, all’Irsap, agli ex Pip, alla gestione delle acque e dei rifiuti, ai trasporti in concessione, ai mercati agroalimentari e ittici, alla criminalità finanziaria, in relazione ai possibili flussi di denaro contaminati nel sistema bancario siciliano, che creano un’economia parallela. Vorrò incontrare tutte le associazione di volontariato che operano per la legalità ed i prefetti delle nove province, per affrontare alcune criticità. Con la commissione inizieremo a visitare i Comuni dell’Isola sciolti per mafia, dopo avere già incontrato il mese scorso i vertici della magistratura dei quattro distretti. Il nostro lavoro più impegnativo, alla ripresa, sarà la redazione di un codice etico di autoregolamentazione per deputati e governo regionale, per tutti i dipendenti della pubblica amministrazione e per i consulenti. Contiamo di trasmetterlo in Aula entro quest’anno. Del resto, le connivenze mafiose, la corruzione, la cattiva amministrazione, le clientele parassitarie ed il malaffare nelle istituzioni pubbliche in Sicilia si combattono con la trasparenza dei singoli ruoli e dell’attività svolta. Ed il rispetto delle regole alla Regione deve valere per tutti, nessuno escluso».
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