Intervista all’ex parlamentare di Fli, fra i fondatori di “Green Italia”.
Fabio Granata, ex parlamentare di Fli, è fra i fondatori di Green Italia. Cos’è questo contenitore?
«Green Italia nasce dall’incontro di culture politiche divise dal passato, ma ora coerenti e allineate sul presente e sul futuro. Non è una rifondazione dei Verdi, ma un “green new deal”, che riparte da un’economia che da secoli produce ricchezza con le materie prime della cultura e dei talenti. Una forza che non si caratterizza per la cultura del no e della paralisi, ma per quella di un nuovo sviluppo».
Chi sono i suoi compagni di viaggio?
«Roberto Della Seta, Monica Frassoni e Francesco Ferrante a livello nazionale. Ci sono dentro i dirigenti di Legambiente, ma anche Symbola, l’associazione di pmi della green economy legata a Ermete Realacci e Fabio Renzi. Fra i siciliani alla presentazione di Roma c’erano alcuni dirigenti di Fli, poi c’erano Sebastiano Tusa, Guido Meli, Roberto Alajmo, Patrizia ed Enzo Maiorca, Corrado Giuliano».
Ma per chi con i pantaloncini corti era già nel Msi, non è deprimente finire in un box che alcuni definiscono «la costola verde del Pd»?
«Non corro questo rischio, perché è un’interpretazione bislacca di alcuni quotidiani, di area Pd, che magari sperano di mettere il cappello su un’esperienza equidistante da Pd e Pd. Io ho una lunga militanza in Legambiente e nelle battaglie ambientali siciliane e non, un percorso lineare e coerente. Semmai la sfida di Green Italy è declinare l’identità del patriottismo repubblicano in un nuovo ambientalismo propositivo».
Nemmeno tentato dalla rifondazione di An?
«Io ho grande rispetto per i militanti della destra italiana: è il mio mondo, ci sono nato e cresciuto. Ma penso che sia una strada subordinata comunque a Berlusconi. È una storia che rispetto, ma non è più la mia storia. Detto questo, cito il mio ultimo filosofo di riferimento, Jep Gambardella (interpretato da Toni Servillo in La grande bellezza, ndr) quando dice: “La più soprendente scoperta che ho fatto è che non posso più perdere tempo a fare cose che non mi va di fare”. Ecco, a me non va più di perdere tempo a discutere con La Russa, Gasparri e via dicendo».
Ma quelli di Fli non la considerano un traditore? E Fini come l’ha presa?
«Non ho tradito Fli, perché di fatto non esiste più, da quando è stata schiacciata dalla deriva neocentrista di Monti e Casini e dall’appiattimento su posizioni filobancarie. Fini lo sento quotidinamente, lo vedo ogni settimana. Non si è sentito tradito da me, avrà molto più fastidio a vedere molti di Fli seduti di nuovo accanto a chi l’ha attaccato ferocemente sul piano personale, piuttosto che uno che con coerenza e coraggio fa una scelta di rottura».
Ma che farà Fini adesso? Entrerà in An 2.0?
«È un percorso che lui né scomunica, né segue. Ha tolto dall’imbarazzo tutti per evitare che si dicesse che se non si rifà An la colpa è sua. Gianfranco sta scrivendo un libro sul ventennio berlusconiano in Italia ed è orientato a creare una fondazione con cui proseguire alcune battaglie politiche. Non credo che nell’immediato sia possibile un suo ritorno sulla scena politica, anche ha ancora molto da dire».
Alle Regionali ha sostenuto Crocetta. Pentito?
«Mi sono ribellato alla scelta suicida di Fli di appoggiare Micciché, ma alla luce di questi mesi di governo sono alquanto deluso. Tanti proclami, pochissimi fatti. E una triste approssimazione su temi come cultura e turismo. Penso alla cacciata di Battiato, ma anche al Salone del libro di Torino la Regione non aveva nemmeno uno stand ed è stata ospitata in quello della Nuova Guinea… ».
E allora con chi si potrebbe ritrovare in Sicilia?
«Io devo chiedere scusa a Nello Musumeci di non averlo sostenuto. In un altro contesto lo sosterrei, anche da questa mia nuova posizione politica. Musumeci è una grande risorsa anche di prospettiva per la Sicilia, così come lo è il gruppo palermitano di Mauro La Mantia, che organizza da anni la fiaccolata per Paolo Borsellino. Con questa gente, lineare e onesta, costruirei un’alleanza per cambiare la Sicilia».
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