C’è un ministro che dice: «La questione del Mezzogiorno è una questione sociale e politica prima che economica. E’ una questione di funzionamento delle Istituzioni e una questione di carenza di cultura delle regole che alimenta un cattivo uso delle Istituzioni, ostacolando la crescita di una cultura civica».
Il ministro è Carlo Trigilia della Coesione territoriale ed è siciliano di Siracusa. Nulla da replicare, ha centrato il problema, anche se è amaro da masticare.
In sostanza non cresciamo perché non abbiamo rispetto delle regole di vita civile, siamo il popolo delle auto in terza fila, degli strombazzatori, delle multe non pagate, della spazzatura per le strade, dei mercatini volanti su quattro ruote, il popolo dei «io sono più furbo di te» che cerca di scavalcare la fila. Siamo il popolo dei Comuni che non fanno funzionare i depuratori, anzi nemmeno li hanno costruiti dirottando altrove i fondi dello Stato.
Certamente non facciamo tutti così, ma lasciamo che altri lo facciano, non reagiamo perché crediamo che questo non ci riguardi direttamente e che la cosa pubblica non è roba che ci interessi. Se vediamo un paio di netturbini al bar o l’impiegato comunale che fa la spesa non diciamo nulla, non è cosa nostra.
E se siamo così perché dovremmo crescere? Aspettiamo qualcuno che ci levi le castagne dal fuoco?
Ecco, la parola chiave è rispetto, rispetto per gli altri e per se stessi, rispetto per le norme. E se non diamo rispetto non riceviamo rispetto, è un cane che si morde la coda. E’ difficile cambiare, mezzo secolo di clientelismo ha contribuito ad addormentarci. Se andiamo a lavorare fuori diventiamo i primi, se restiamo a casa ci impigriamo, cerchiamo il posticino con la raccomandazione. Possiamo cambiare se vogliamo farlo, ma dobbiamo partire dalla famiglia e dalla scuola e scrollarci di dosso influenze arabe e padrinati politici perché altrimenti l’Europa, così lontana, ci metterà di canto.
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