Lo “Squalo dello Stretto” nella tormenta conquista tappa e gara, entrando nella storia.
Tre cime di Lavaredo. Un “eroe” siciliano nella tormenta. Un lampo rosa colora le Tre Cime di Lavaredo, imbiancate da una nevicata interminabile. Il messinese Vincenzo Nibali ha scelto di vincere il 96° Giro d’Italia di ciclismo nel modo più fragoroso, con un’impresa da leggenda, che riporta a un ciclismo dai fotogrammi in bianco e nero, lontano anni luce.
Lo “Squalo dello Stretto” si è esaltato, sul tratto più duro della salita che portava sulle Tre Cime di Lavaredo, dove le pendenze toccano il 12% e mentre la neve gli si incollava sul viso, gelandogli la pelle e rigandogli il cuore.
Nibali è stato semplicemente super, una spanna sopra gli altri: si è fatto trainare dai compagni Aru e Kangert, che è letteralmente “scoppiato”, mentre mulinava per il proprio capitano, quindi è partito quando mancavano 3,5 km al traguardo. Tremilacinquecento metri da tregenda, mentre la neve aumentava d’intensità e il freddo sembrava avere il sopravvento sull’audacia, il coraggio e la forza di un manipolo di uomini soli con la propria sofferenza.
Nibali ha allungato, trascinandosi dietro due colombiani del calibro di Betancur e Uran Uran, scalatori puri, gente abituata a pedalare sempre in salita e controcorrente. Nibali è scattato una prima volta, poi ha ripreso fiato, con la maglia rosa diventata ormai bianca di neve, poi è ripartito a circa 2,5 chilometri dalla fine del supplizio. Questa volta lo scossone ha prodotto gli effetti sperati: Uran Uran e soprattutto Betancur si sono attardati, sembravano fermi, mentre il messinese dava l’impressione di volare.
In fuga per la vittoria. Una fuga prepotente, nella bufera, con la neve attaccata addosso, uno smorfia che sembrava un misto di sofferenza, concentrazione, pathos. Il corridore della Astana è andato via, mentre manipoli di tifosi formavamo una scia alle sue spalle e il padrone del Giro d’Italia sbracciava per toglierseli di torno. Anche, come ha ammesso al termine della tappa, per non rischiare di essere coinvolto in uno scivolone dai risvolti fantozziani.
Nibali, a un chilometro dalla fine, magari con il pensiero alla sua calda Messina, rivolgendo lo sguardo alla neve incessante, ha avuto la forza di baciare la fede nuziale, in omaggio alla moglie Rachele che in quel momento piangeva di gioia ed esultava, non tanto per la ormai quasi certa vittoria nel Giro del marito, quanto per il coraggio mostrato dal suo “Enzino”.
Nelle sue parole c’è l’inconsapevolezza dell’impresa eroica, ma anche la sicurezza dei forti. «Forse non ci credevo nemmeno io – dice poco dopo l’arrivo -: il ds Martinelli mi aveva detto di provare a vincere la tappa e ho risposto che sarebbe stato difficile, perché gli ultimi 3 km erano terribili. Nel finale, però, mi sentivo bene, Agnoli aveva fatto un grande lavoro, mentre Aru e Kangert mi hanno trainato verso le rampe finali della salita. Io ce l’ho messa tutta per vincere anche per rispetto del lavoro dei miei compagni. Gli ultimi metri non finivano più, mi sono sembrati un’eternità. Ho rivolto lo sguardo verso l’ammiraglia dell’Astana, per ringraziare i vertici del team; l’ultima dedica l’ho riservata a mia moglie Rachele, baciando la fede nuziale».
Lo “Squalo dello Stretto” sta per stravincere un Giro durissimo, forse fra i più tormentati della storia contemporanea. «Si, è stata una gara molto complicata, volevo dimostrare a tutti i costi che ci abbiamo messo l’anima, dall’inizio alla fine. La neve sulle Tre Cime di Lavaredo è il compendio di una competizione tutta in salita: in altri sport il pallone non rimbalza, non si gioca e via dicendo».
Nibali è cresciuto tantissimo negli ultimi mesi e il riscontro arriva dall’affetto dei tifosi. «Mi sono accorto di tanta gente, nonostante la neve – racconta la maglia rosa – le persone hanno fatto tantissima strada a piedi, col freddo, e mi hanno aspettato. Senza di loro noi non possiamo fare quel che facciamo. Questa vittoria è per me stesso e per la squadra, perché i compagni sono rimasti sempre con me. Mia moglie? L’ho rivista stamattina (ieri mattina, per chi legge, ndr), alla partenza, dopo tanto tempo. Ringrazio anche il mio fan club, i “CanNibali”, che erano presenti all’arrivo. Il Tour? Per quest’anno, niente Tour».
Nibali, dopo essere stato il terzo siciliano a indossare la maglia rosa, seguendo le orme del concittadino Giovanni Corrieri nel 1953 e del palermitano Giovanni Visconti nel 2008, sarà il primo a cucirsela addosso in maniera definitiva.
Il suo exploit, che segue quello nella Vuelta di Spagna 2010, rimarrà scolpito nella storia del ciclismo e rappresenta una delle pagine più esaltati nella storia dello sport italiano.
Perché Nibali non si è accontentato di vincere, ha voluto stravincerlo, il Giro d’Italia 2013.
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