Un saggio sui traffici marini con l’Inghilterra.
La storiografia ha dimostrato che l’immagine di un Mediterraneo immobile dopo la scoperta delle Americhe è falsa, con buona pace dei manuali ancora in uso nelle scuole.
La Sicilia si trova, per tutta l’età moderna, in una posizione privilegiata per lo scambio tra Occidente ed Oriente nonché produttrice di merci ambite dai mercati europei: seta, agrumi, sale. Il nuovo libro di Salvatore Bottari (“Nel Mediterraneo dal mare del Nord. La presenza commerciale inglese nella Sicilia del Settecento”. Aracne, Roma, 2012), focalizza lo sguardo sulla partner privilegiata di questi commerci, ossia l’Inghilterra.
Lo studio si concentra sui traffici nei porti di Messina, Palermo e Trapani, traendone inediti dati in appendice. Il commercio inglese tocca la Sicilia già nel XV secolo con la diffusione di “pannilana” colorati; nel 1581 l’istituzione della Levant Company da parte della regina Elisabetta I, ma è durante tutto il Seicento ed il Settecento che i mercanti britannici stabiliscono basi durature per il loro commercio, specialmente a Messina, e diventano privilegiati interlocutori con la Sicilia per il commercio della seta.
La presenza mercantile inglese nella nostra isola non conosce interruzione, nonostante pause significative in coincidenza dello scontro cristiano – turco culminato nella battaglia di Lepanto, della dittatura di Cromwell, della guerra di Successione spagnola.
L’autore, pur criticando la definizione di un rapporto commerciale di stampo «colonialista», rileva comunque un trascorso non privo di ambiguità, specialmente nella interpretazione diplomatica data a questo rapporto dai consoli inglesi: «…in realtà, i consoli stranieri hanno come finalità precipua la difesa degli interessi della madrepatria ed in definitiva dei propri interessi: anche i consoli, infatti, sono quasi sempre mercanti e questo fine ispira qualunque loro iniziativa»; le iniziative in questione, va notato, annoverano anche il contrabbando. Sullo sfondo le guerre e le alleanze tra Inghilterra e Francia, Spagna, Impero Austriaco, le scorrerie barbaresche, le nascenti rivalità tra gli inglesi e Carlo III di Borbone.
Stupisce, infine, il numero registrato nel report del 1774 redatto dal console inglese Katenkamp sull’esportazione dei prodotti siciliani, che coinvolge circa 2000 navi all’anno. Solo 600 battono bandiera napoletana o siciliana, comunque navi per la maggior parte destinate alla navigazione di cabotaggio: le esportazioni (sale, vino, seta, frutta secca, manna, grano) sono di pertinenza francese, genovese, inglese, spagnola, veneziana, danese, olandese, svedese e l’elenco continua.
Una Sicilia allora toccata da un flusso europeo, non solo di viaggiatori alla ricerca di vestigia classiche o distrazioni esotiche, ma da una sorprendente e dinamica rete commerciale. Luca Platania lasicilia.
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