Last updated on Marzo 21st, 2013 at 08:44 am
Tutti parlano di riforma della legge elettorale, e del finanziamento ai partiti. Ciò che giustifica queste righe.
E’ stato con L. 270 del 2005 introdotto dal leghista Calderoli l’attuale sistema elettorale, il “Porcellum”.
Esso dà un grosso premio di maggioranza alla Camera dei Deputati: per cui, con gli ultimi risultati (Coalizione di Bersani 30% dei voti circa; Berlusconi 29; Grillo 26; Monti 11), Bersani ha avuto 340 seggi.
Essendo la maggioranza assoluta alla Camera “bassa” di (630: 2 =) 315, la coalizione del Pd è autosufficiente. Discorso diverso al Senato, ove il premio di maggioranza, su base regionale, è molto meno significativo: per cui al sostanziale pareggio di Bersani e Berlusconi corrisponde un sostanziale equilibrio di seggi. Onde alla coalizione di Bersani, dichiaratamente antagonista al Pdl, neanche bastano i 19 senatori di Monti. Bersani ha necessità dei voti del M5S. Che ogni uomo di buon senso (e siam certi anche la base del M5S) spera presto si trovi per un governo di scopo, per poche ma radicali riforme.
Tra queste non vedo la riforma elettorale. Ed infatti, il Porcellum ha il pregio di assicurare la governabilità alla Camera. E’ vero che analogo regalo non vale per il Senato: ma non è certo colpa del Porcellum che molti hanno votato Grillo e non Bersani (o Berlusconi) … Or il sistema elettorale è neutro, e tende a favorire la governabilità e l’alternanza tra due blocchi: social-democrazia versus liberal-democrazia. Se oggi l’area di destra è occupata da Berlusconi, il cui indubbio carisma ipnotizza elettori che altrimenti dovrebbero votare Monti; e se ancora – per colpa dei superati nostri leader – Grillo ha avuto (ben giustificato) successo, per cui vi sono oggi non due ma tre blocchi, la colpa non è del sistema.
(Se mai, possono per gli eleggibili indicarsi rigorosi prerequisiti, quali assenza di condanne penali, residenza nel luogo della candidatura, etc.) * Molti, tra l’altro, attaccano il Porcellum per tornare al proporzionale, così da tornare al non rimpianto consociativismo, cui è ascrivibile il nostro enorme debito pubblico. Superfluo, a questo punto, è aggiungere che, se si volesse ridurre il numero dei parlamentari, necessiterebbe legge costituzionale, con maggioranze più complesse, e più ampi termini. Nel frattempo, la crisi e la ribellione dei cittadini salirebbero a dismisura.
Quel che invece va subito fatto, oltre alla legge sul conflitto di interessi, è – come vogliono Renzi e Grillo – eliminare il finanziamento pubblico ai partiti. Or questo nacque con legge 195/74 del democristiano Piccoli, per favorire i partiti esistenti, ed evitare nuovi competitors. Si giustificava per lo scandalo dei petroli del 1973, volendo assicurarci che, col sostentamento diretto dello Stato, i partiti politici avrebbero evitato corruzione o collusione… Il fondamento della Legge Piccoli si rivelò ben presto errato, stanti i successivi nuovi scandali petroliferi, Lockeed, Sindona, delle Ferrovie, etc. Con legge 659/81 i finanziamenti raddoppiarono.
A seguito di Tangentopoli, ebbe successo il referendum abrogativo del 1993, promosso dai Radicali. Per tutta risposta, nello stesso dicembre 1993 (L. 515), il Parlamento reintroduce il finanziamento, chiamandolo “contributo per spese elettorali”… Giusta recente L. 96/12 di riduzione del finanziamento, saranno comunque presto in distribuzione ai partiti ben 160 milioni di euro: salvi i 43 spettanti al M5S, avendovi Grillo rinunziato.
Altra forma di finanziamento diretto ai partiti è quella del 4 per mille dell’imposta sul reddito, che, a differenza del precedente, non ha attinenza diretta con le spese sostenute per le elezioni. Tali elargizioni sono disciplinate dalle leggi 2/97, 157/99, 156/02, 51/06.
Anche a seguito degli scandali del 2012 che hanno toccato i tesorieri della Lega e della Margherita, asperrima è la querelle sull’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti. Grillo e Renzi sono per l’eliminazione totale: contro, Bersani e C. E voi, lettori, da che parte state? lasicilia
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