Last updated on Marzo 21st, 2013 at 08:48 am
Investire sulle infrastrutture (soprattutto aeroporti) e ridurre i tempi e l’incertezza della burocrazia. Due mosse e un orizzonte:
«La Sicilia può diventare meglio delle Baleari». Parola di Giorgio Palmucci, presidente nazionale di Aica, l’associazione albergatori di Confindustria, merocoledì a Catania per partecipare alla riunione del consiglio regionale.
Palmucci, ex direttore italiano di Club Med, oggi è amministratore delegato di “Tivigest Hotel&Resorts”, catena alberghiera nazionale che nel 2014 ha programmato «uno sbarco in Sicilia con tre progetti di strutture sul mare, perché continuiamo a registrare una forte domanda per l’isola e dunque abbiamo deciso di investire».
Presidente, una delle sue prime battaglie da presidente Aica è stata contro le tasse. Ma sono davvero così pesanti?
«Ormai il peso della fiscalità sta non soltanto creando delle enormi difficoltà alle aziende che sono già in crisi, ma rischia di dare il colpo di grazia. Pensiamo all’Imu, che sulle aziende del nostro settore peserà il doppio rispetto alla vecchia Imu, senza tenere conto che gli alberghi sono dei beni strumentali. In secondo luogo aspettiamo l’entrata in vigore della Tares, la tassa sui rifiuti che costerà il 30% in più rispetto alla Tarsu. E, nonostante in tanti programmi elettorali si parlasse di abolizione dell’Irap, anche questa imposta, che è indipendente dal risultato economico dell’impresa, resterà in piedi. A ciò si aggiunga la tassa di soggiorno, introdotta da molti Comuni e spesso non usata come tassa di scopo per potenziare i servizi al turismo, ma per coprire i buchi nei bilanci degli enti locali».
Quali sono le altre priorità?
«Innanzitutto la riduzione del peso della burocrazia: un dispendio di tempo e soldi. Poi una cabina di regia nazionale per la promozione del turismo in Italia, anche a costo di una revisione del Titolo V della Costituzione, non per togliere poteri alle Regioni. Ma non è possibile che nelle Borse internazionali del turismo ci sia lo stand del Comune di Ascoli Piceno, il “marchio Italia” va presentato all’estero come unico».
In questo inizio di 2013 c’è qualche segnale incoraggiante per il turismo?
«No. Il 2011 è stato il peggiore degli ultimi decenni, il 2012 ha registrato qualche schiarita a macchia di leopardo. L’inizio di quest’anno è ancor più condizionato dal calo della domanda interna, visto che le famiglie italiane sono in difficoltà anche per fare la spesa. L’unica possibilità è potenziare l’appeal per il turismo internazionale. Se non dovessimo farcela non dico che sarà una catastrofe, ma un altro anno davvero pesante»
Che speranze ha la Sicilia in questo quadro pessimistico?
«Avete mare, cultura, arte, enogastronomia, un clima meraviglioso che può davvero permettere la destagionalizzazione. Quest’isola ha tutte le caratteristiche e le potenzialità per diventare molto più importante sul mercato del turismo internazionale di quanto siano realtà come ad esempio le Baleari o di altre destinazioni prese d’assalto da turisti di tutta Europa e del mondo. Ma… »
… Ma ci manca qualcosa. Cosa?
«Una carenza evidente è quella infrastrutturale, soprattutto a livello di aeroporti. Non è possibile che per venire in Sicilia i costi siano assai superiori, per un turista europeo o del Nord Italia, rispetto a quelli per andare in Tunisia o in Egitto».
E poi?
«Rispondo con un’esperienza personale. Per 22 anni ho lavorato per Club Med, di cui sono stato direttore per l’Italia per diverso tempo. Uno dei nostri fiori all’occhiello era il villaggio di Cefalù, che, essendo nato nel 1954, è un pezzo della storia del turismo in Italia. Se penso che per avere autorizzazioni e permessi per la ristrutturazione sono passati otto anni, e nel frattempo era cambiato il mondo oltre che la strategia commerciale del gruppo, devo dedurre che le risposte sono talmente lente da scoraggiare gli investimenti, soprattutto quelli dei gruppi stranieri che pretendono iter chiari e tempi certi».
Ma il suo nuovo gruppo sta per investire in Sicilia. Ci può anticipare qualcosa?
«Noi abbiamo una catena con una dozzina di alberghi fra destinazioni mare e montagna. E ora stiamo programmando lo sbarco in Sicilia per il prossimo anno: è una destinazione essenziale all’interno del nostro “catalogo” e quindi stiamo lavorando su tre progetti, fra la zona occidentale il sud-est dell’Isola».
Come sono gli albergatori siciliani?
«Trovo che in Sicilia ci sia grande fermento. C’è una classe imprenditoriale appassionata che non si sta arrendendo, ma che sta investendo nell’avvio di nuove strutture o nella ristrutturazione di quelle esistenti, oltre che nel marketing territoriale dove il presidente regionale Ornella Laneri sta facendo davvero tanto. Questi sono i segnali che ci fanno ben sperare». lasicilia
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