C’è uno scienziato siciliano di Agrigento, Tommaso Parrinello, 46 anni, a capo del gruppo di ricerca che ha corretto – in peggio per il futuro del clima sul pianeta – le stime sulla estensione e sul volume dei ghiacci al Polo Nord.
Secondo i risultati – elaborati grazie ai dati del satellite CryoSat dell’Agenzia spaziale europea di cui Tommaso Parrinello è il mission manager – dal 2008 l’Artico ha perduto 4300 chilometri cubi di ghiaccio nel periodo autunnale e 1500 chilometri cubi durante l’inverno. Significa che già a partire dal 2020 i ghiacci estivi al Polo Nord potrebbero scomparire del tutto mentre fino ad oggi le stime parlavano del 2050 e secondo altri nel 2070.
«Si tratta di perdita di volume – ha spiegato lo scienziato agrigentino – che riguarda il ghiaccio antico e secondo le nostre misurazioni è più alta di almeno il 60% rispetto alle stime del programma Piomas (un altro progetto americano precedente, ndr) ».
«I dati inoltre mostrano – ha detto invece Katharine Giles, co autrice dello studio CryoSat 2 – che il ghiaccio marino di spessore è scomparso da alcune regioni a nord della Groenlandia, dagli arcipelaghi a nord del Canada e a nord-est delle isole Svalbard».
Il satellite europeo CryoSat, al capo del quale c’è appunto Parrinello, è dotato di un radar in grado di scandagliare sia la superficie sia la base dello strato ghiacciato misurandone dunque spessore e volume. Nella scorsa primavera i sensori del satellite sono stati calibrati con una missione, sempre guidata da Parrinello, che è partita dalle Svalbard, isole sotto il controllo norvegese e che ha toccato anche la Groenlandia e che è servita per «calibrare» gli strumenti del Cryosat: «L’unico rammarico – ha detto scherzando, ma ci teneva per davvero – è non essere riuscito a vedere visto gli orsi polari».
Il satellite CryoSat è stato lanciato nel 2010, orbita a un’altezza di 720 km di altezza e altro non è che un sofisticatissimo altimetro che ha permesso agli scienziati di misurare lo spessore, l’estensione e dunque il volume dei ghiacci con una precisione mai raggiunta prima.
Alle Svaalbard e in Groenlandia c’era chi ha effettuato rilevazioni da un piccolo aereo che ha percorso la stessa «striscia» di superficie sorvolata dal satellite Cryosat e chi ha effettuato «carotaggi» sulla stessa banchisa polare. Nelle isole norvegesi c’era poi l’ antenna, simile ad una gigantesca palla da golf, che ha permesso di scambiare i dati delle diverse rilevazioni.
Tommaso Parrinello è un fisico, esperto di detriti spaziali, ma che ora è diventato uno dei massimi esperti mondiali in ordine alla problematica legata allo scioglimento dei ghiacciai.
«Misurare lo spessore e l’estensione dei ghiacci artici – ha spiegato Tommaso Parrinello, che ha vissuto a Grotte, paesone allo porte di Agrigento, fino alla maturità conseguita allo Scientifico Leonardo di Agrigento per poi laurearsi in Fisica a Pavia fino a entrare nell’Esa nel 1992 grazie ad una borsa di studio come esperto di detriti spaziali – non è solo una questione di mera scienza. È una problematica che interessa tutti. Intanto fino ad ora era impossibile avere dati significativi. Ora sappiamo che ogni anno si perde una superficie di ghiaccio al Polo Nord pari all’estensione dell’Austria e quindi intorno agli 80 mila chilometri quadrati. Le nostre proiezioni dicono che dal 2020 potrebbero non esserci più ghiacci estivi nella Calotta Artica. E le rilevazioni dicono anche che negli ultimi 50 anni la temperatura al Polo Nord è salita di 2,4 gradi centigradi contro lo 0,6 gradi delle zone temperate».
Una circostanza che potrebbe avere ripercussioni di carattere globale: «Per una serie di fenomeni fisici e chimici – ha spiegato Parrinello – lo scoglimento dei ghiacci artici comporterebbe la variazione della concentrazione di sale nell’acqua del mare e questo potrebbe far sì che la Corrente del Golfo possa modificare il suo percorso o la sua forza. Ci sono ondate di gelo in Europa dovuto allo spostamento verso Ovest anche di meno di un grado della direzione della Corrente del Golfo. Lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia potrebbe far sì che il livello del mare si possa innalzare da qui a cento anni tra i 70 centimetri e il metro e mezzo. Significherebbe che da qui a cento anni bisognerà spostare un miliardo di persone che oggi vive in zone che verranno sommerse».
Al progetto che ha al centro il satellite CryoSat hanno partecipato l’University College di Londra, il Jet Propulsion Laboratory della Nasa, l’americana Wood Hole Oceanographic Institution e l’europeo Wegener Institute for Polar and Marine Research.
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