Si sente il paladino della «lotta alla mangiugghia». Confessa di «passare metà della giornata a fare il presidente della Regione e l’altra metà a fare l’investigatore». Rilancia la sua guerra agli scandali nella formazione e nei rifiuti («la prossima settimana altri tre contratti sospesi, dopo un’informativa dell’antimafia»). E motiva il repulisti negli uffici: «Per sbloccare le pratiche all’assessorato regionale al Territorio e ambiente bisognava pagare. E ce ne volevano di soldi», in un posto dove «la corruzione l’ha fatta da padrona in questi anni, con 3.500 pratiche nei cassetti e altrettanti progetti bloccati». Prossimi obiettivi: coordinatori sanitari e vertici degli Iacp.
Rosario Crocetta continua la rivoluzione e, nel frattempo, va a caccia di consensi per la sua lista del Megafono: «Deve essere la prima in Sicilia, ma io resto nel Pd, che è un partito plurale».
Prima una rimpatriata elettorale ella sua Gela.
Con l’ennesimo guanto di sfida al Palazzo: «All’interno della Regione ho trovato un sistema mafioso ben radicato.
Noi andiamo avanti, non temiamo lo scontro duro con la mafia anche se ogni tanto c’è qualche “rascapignati” (raschiapentole, ndr) che tira fuori qualche falso dossier». Una risposta ai sindacati che lo tacciano di «comportamento anti-sindacale» per i provvedimenti sui dipendenti regionali: «Lo sanno tutti che la macchina regionale non funziona. I sindacati da che parte stanno? ». Infine, l’annuncio dello «sblocco dei progetti per i porti di Gela, Marsala, Augusta e Termini Imerese».
Quindi il Blitz a Enna nella stessa sera in cui il senatore Crisafulli mostra i muscoli dopo l’esclusione. Alle 19,30 il bagno di folla nella sala Cerere, debitamente «de-crisafullizzata» dal senatore Lumia: «La tirannia in questa provincia non c’è più. Costruiamo qualcosa di diverso rispetto a chi con una manciata di clientelismo ha provato a distruggere le grandi energie di questa terra».
Crocetta approfondisce alcuni concetti già espressi a Gela. E li riassume in una frase: «Lotta alla mangiugghia». Ovvero: «Il cambiamento epocale, la rivoluzione che non è annunciata, ma che si fa ogni giorno». I prossimi obiettivi: i coordinatori sanitari («a che servono? Soltanto a piazzare uomini di partito. Li taglieremo») e i vertici degli Iacp («un ufficio di collocamento per politici trombati o pensionati»).
Torna sullo scandalo della formazione: «Abbiamo semplicemente chiesto un’auto-dichiarazione ai dipendenti per escludere il coinvolgimento proprio e di familiari in enti del settore. Su 80 soltanto in 10 ce l’hanno restituita. Quello meno implicato aveva una sorella assunta».
Minaccia i grandi gruppi industriali («dopo aver portato tumori e bimbi malformati le tasse devono pagarle qui») e gli americani («senza studio dell’Oms sull’impatto sulla salute, niente Muos»). Attacca Lombardo e Micciché («traditori dell’autonomismo e della Sicilia, si sono alleati con la Lega»), poi attacca Monti («cinico sulla povertà perché non sa cos’è»).
Ma la parte più esilarante è quella del “Saro 007”: «Non passa giorno che, aprendo un cassetto o tirando fuori una carta, non si scopra il malaffare». Racconta l’appalto assegnato dal Consorzio autostrade siciliane «a una società che prendeva milioni di euro per far girare tre furgoncini». E svela le spese della cerimonia d’inaugurazione della Palermo-Messina: «Un milione di euro, compreso Micciché con l’elicottero e centmila euro per il tendone per il trucco di Berlusconi, che resta cchiù lariu de’ motti (più brutto dei morti, ndr).
Ma soprattutto parla con la sua gente, Crocetta. Operai licenziati, signore indignate per gli impiegati sgarbati allo sportello. Il governatore chiama sul palco una madre di otto figli e col marito precario, e la invita: «Signora, venga a palazzo d’Orléans». Lei gli chiede: «Ma dov’è? ». E lui, senza scomporsi: «A Palermo. L’aspetto con tutta la famiglia». Mario Barresi
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