“Ben 277 Comuni sono in aree a rischio dissesto idrogeologico”.
Questa è la dichiarazione di Gianluigi Pirrera, presidente dell’Associazione italiana di Ingegneria naturalistica (Aipin) sezione Sicilia che ieri con altri 200 esperti ha partecipato a Vico Equense (Napoli) ad un importante summit sul dissesto idrogeologico.
“L’isola, aggiunge Pirrera, rientra quindi tra le regioni italiane che superano il 90% di pericolosità nel proprio territorio. In particolare il territorio messinese con il Parco dei Nebrodi, dove il nostro impegno Aipin anche con l’Università di Palermo è costante ma che da tre anni è soggetto a gravi e luttuose frane e alluvioni, perchè queste si affrontano con le vecchie logiche dell’emergenza. Ci appelliamo alla nuova Giunta regionale del presidente Crocetta, perchè la rivoluzione siciliana della politica finalmente adotti l’ingegneria naturalistica come strumento efficace di manutenzione e prevenzione dei dissesti idrogeologici, ricordando che ciò permetterebbe la riqualificazione e la stabilizzazione del precariato forestale“.
Dobbiamo, conclude, puntare anche sul recupero del territorio attraverso le tecniche di ingegneria naturalistica”.
Per l’Aipin, il termine Ingegneria Naturalistica viene inteso come l’equivalente del tedesco “Ingenieurbiologie”. Per Ingegneria Naturalistica si intende la disciplina tecnico-naturalistica che utilizza:
– le piante vive, o parti di esse, quali materiali da costruzione in abbinamento con altri materiali;
– materiali, anche solo inerti, infrastrutture ed altri provvedimenti volti a fornire condizioni favorevoli alla vita di specie animali;
– tecniche di rinaturalizzazione finalizzate alla realizzazione di ambienti idonei a specie o comunità vegetali e/o animali.
Già nel novembre del 2011, erano 273 i comuni siciliani a rischio frane o alluvioni, dall’indagine effettuata da Ecosistema Rischio 2011 per “Operazione Fiumi”, la campagna di sensibilizzazione e prevenzione organizzata da Legambiente e dipartimento della Protezione Civile e dedicata al rischio idrogeologico, e si definivano esposte a pericoli 180 mila persone, il 4% dei siciliani.