Ad affermarlo e’ il procuratore antimafia Pietro Grasso, che ha preso parte al convegno organizzato al Senato su “Mafia e informazione. I giornalisti minacciati e le notizie oscurate”. Lo dimostra, secondo il procuratore, l’uccisione di molte persone che con la loro attivita’ hanno cercato di “ridurre l’egemonia mafiosa sul piano culturale e sociale”, come ad esempio don Puglisi.
La mafia pretende il silenzio e non vuole i giornalisti scomodi.
Ricorda Mario Francese, ucciso dalla mafia, e suo figlio Giuseppe che si uccise dopo aver aiutato la magistratura, perche’ “sapeva che la mafia gliel’avrebbe fatto pagare”. Purtroppo “in Italia – prosegue il procuratore nazionale antimafia- anche se e’ triste dirlo, bisogna prendere atto che ci sono regioni in cui un giornalista che descrive la realta’ senza veli rischia la vita”.
“Oggi – rileva il procuratore antimafia – la mafia si e’ adeguata ai fenomeni di comunicazione di massa”, e’ presente nei social network e cerca, come ha sempre fatto di “condizionare l’informazione”. Per decenni “la criminalita’ mafiosa ha avuto capacita’ di seduzione colmando difetti, lacune, poverta’ nati dall’assenza delle istituzioni ma anche dell’informazione. Non abbiamo saputo organizzare- sottolinea- una risposta culturale contro la mafia cosi’ che il connubio tra mafia economia e potere diventa sempre piu’ forte nel limitare la liberta’ dei cittadini. La mafia – ribadisce Grasso- va combattuta con ogni mezzo perche’ i mafiosi sono dei criminali che non fanno sconti”.
Fonte Adnkronos
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