A Franco Battiato, che torna con il suo Apriti Sesamo, è dedicata la copertina di XL. Il neo-assessore della Regione Siciliana è stato raggiunto in Sicilia, nella sua casa a Milo, vicino Catania, per una lunga chiacchierata tra il nuovo disco e la sua visione della vita e della morte.
Apriti Sesamo, il nuovo album di Franco Battiato a cinque anni di distanza dal precedente Il vuoto, è una porta che si apre su realtà diverse. Lo spiega Battiato, che dice: questo mondo non esiste e la morte è solo trasformazione. Ma regolata dall’etica.
«Come mai ho fatto passare così poco tempo? (dall’ultimo album). Bah, non ero convinto di fare un disco, sinceramente. A volte ci sono delle pressioni contrattuali che uno deve rispettare, perché lo rimandavo già da tempo, e mi ero leggermente stancato con Telesio che è stato un lavoro lungo che poi si consuma in qualche rappresentazione. Però, quando ho iniziato a comporre, mi sono accorto che ho avuto qualche aiuto dall’esterno… Intendo aiuto di ordine metafisico, non certo umano… Per cui l’avventura è stata piacevole… Non mi sentirete mai dire: “i miei figli” a proposito delle canzoni, perché non sempre ci appartengono…».
«A volte uno utilizza anche prospettive che non sono sue… Uno magari crede che le canzoni siano tutte dovute a cose personali, ma non è così».
C’è un brano in particolar modo che ricorda la giovinezza…
«Ecco, quella, posso dire è una che appartiene in qualche modo al mio tipo di composizione e di esperienza, quella sì». «Ricordo quel periodo come divertente, erano gli anni 60, c’era gioia di vivere (…). E la gente si divertiva. Per noi che stavamo sul palco, vedere queste cameriere, operai, felici, era qualcosa di positivo, di assolutamente positivo».
Dici una cosa abbastanza strana: “La notte, non mi piace tanto”…
«È vero, questo… Perché sono un diurno! Sono uno che ama la luce io…».
Poi, nel testo al contrario: “Quand’ero giovane andavo a letto tardi, sempre, vedevo l’alba”.
«Sì, però, bisogna vedere come ho vissuto quel periodo! Andavo a letto oltre le 7 del mattino facendo colazione con cappuccino e brioche. Però, quando mi svegliavo alle 4-5 del pomeriggio e c’era già la sera milanese, era triste… Ho capito, col tempo che non era il mio percorso di vita. L’ho capito in tempo. Adesso mi sveglio prima, molto prima di quando andavo a dormire allora».
E c’è un riferimento particolare “Parco Ravizza o al Monumentale. La merce era il sesso”… è abbastanza strano per un tuo pezzo.
«C’è stato uno che ha ascoltato il pezzo in studio di registrazione e ha pianto per questo motivo, secondo me, capito? Perchè, in realtà c’erano questi luoghi, dice proprio così il testo: “Uscendo dai locali, mi capitava di vedere code di macchine, sostare al Parco Ravizza o al Monumentale”, ed era un sesso diverso (…)».
Nel disco c’è l’idea della morte, ma non in senso negativo, come in giapponese il segno del vuoto, quello che si mette sulle tombe, ma che diventa un pieno…»
«Non è una filosofia, è, permettimi di dire, l’esistenza che è così. Gli umani esistono, ma non muoiono come si pensa, si trasformano. E… per certa gente, sarebbe anche meglio, diciamo, cambiare…».
Quindi non hai paura?
«Della morte? Non posso dirti di affermare questo. Sto lavorando per essere degno del passaggio di un essere umano da una dimensione a un’altra. Questo sì, ce la sto mettendo tutta».
E Il testamento, comprende questo? Questo “sguardo feroce e indulgente” da lasciare agli eredi?
«Sì, è questo. Non avere debolezza nei propri confronti. Devi chiedere a te stesso di superare l’inerzia, l’indifferenza, la grossolanità, la non voglia di metterti seriamente a cercare… Perché la materia gioca brutti scherzi.
E nello stesso brano si dice: “mi piace tutto della mia vita mortale”. Ti piace tutto della tua vita mortale?
«Può essere, ma quello è un limite, non è un complimento. Siamo impermanenti, dobbiamo abituarci a questo. “Io, penso… Io penso…”. Sì, oggi pensi questo, poi sai che tra 5 minuti pensi in una maniera diversa. Allora, cosa abbiamo di permanente? Niente… che fa anche rima…».
Prima dicevi che una cosa importante è l’etica.
«Per me sì. Sono i valori fondamentali di un essere. L’etica, soprattutto rivolta verso se stessi.
La tua musica, quindi, ha un’etica, di riflesso.
«Io credo di sì… Sì, sinceramente posso permettermi di dire questo perché… Cosa faccio io in realtà? Studio, incasso, mi evolvo e divido».
Servizio di Valerio Mattioli e Luca Valtorta
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