«Basta. Sono fortemente determinata. O mi permettono di far accedere mio marito alle cure staminali o io farò in modo che mio marito cessi di soffrire».
Sono le parole di Irene Sampognaro, che chiede da tempo di sottoporre a una terapia a base di cellule staminali somministrata dalla Stamina Foundation presso nell’ospedale di Brescia il marito, Giuseppe Marletta, di 43 anni, entrato in coma nel 2010 in seguito all’asportazione di due punti di sutura metallici applicati dopo l’estrazione della radice di un dente.
Sulla vicenda sono pendenti due inchieste: una interna aperta dall’azienda ospedaliera “Garibaldi” di Catania, l’ospedale dove è avvenuto l’intervento, e l’altra avviata dalla Procura etnea.
«Da tempo – ha affermato la donna – cerco di far accedere mio marito a queste cure, ma ho sempre trovato ostacoli. Io ritengo questa l’unica chance per mio marito, non ci sono altre cure, non esistono. Le staminali sono l’unica speranza. Non ci sono cure alternative nella maniera più assoluta». «Mio marito – ha continuato – è stato ammazzato dalle istituzioni. Io considero il suo un omicidio di malasanità perché mio marito è entrato in ospedale sanissimo e adesso mi devono dare delle risposte».
«Sono stanca di fare questa vita – ha concluso – perché questa non è vita e mio marito non avrebbe mai voluto vivere in queste condizioni. È una “non vita” e una lenta agonia e nessuno merita di morire così lentamente in questo stato di sofferenza».
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