L’adolescenza è l’età difficile per antonomasia.
E i numeri riferiti dagli esperti italiani riuniti a Milano per il congresso della Società Italiana di Psichiatria lo confermano: si stima che circa un milione di ragazzi e ragazze fra i 14 e i 18 anni faccia uso di alcol e droghe, rischiando di scivolare nell’abuso e nella dipendenza.
I dati indicano che circa il 20 % dei giovani dai 15 ai 34 anni ha fatto o fa uso di ecstasy, il 23% ha provato la cannabis, il 2% la cocaina; otto ragazzi su dieci bevono alcol, che è considerato il principale fattore di rischio di invalidità e mortalità prematura per i giovani dato che secondo il World Health Report l’eccesso di alcol è la causa di un decesso su quattro nella fascia di età fra i 15 e i 29 anni. Il consumo di alcol in giovane età si associa inoltre a un maggior rischio di abuso di sostanze, droghe e disturbi depressivi nella vita adulta e secondo l’Istat proprio nella fascia di età fra i 14 e i 16 anni si stanno registrando i maggiori incrementi nel consumo di bevande alcoliche.
Ma il dato più allarmante è dato dalla drammatica cifra di 30mila giovanissimi che ogni anno, in preda al disagio di vivere, tentano di togliersi la vita, mentre si ipotizza che siano addirittura dieci volte di più i ragazzi e le ragazze che almeno una volta hanno pensato al suicidio; circa 120, purtroppo, riescono ogni anno nel loro intento. Mancano però strutture in grado di seguire e curare questi adolescenti con forte malessere psichico: scuola e famiglia sono chiamate ad accorgersi dei segnali di sofferenza per intervenire prima che sia troppo tardi.
«Non abbiamo dati italiani precisi sui comportamenti a rischio in adolescenza – spiega Massimo Clerici, docente di psichiatria all’università di Milano-Bicocca – ma è verosimile che le stime effettuate sulla base di ricerche europee e statunitensi non si discostino molto dalla realtà del nostro Paese. Vediamo ad esempio che il consumo di alcol anche nel nostro Paese sta aumentando nellafascia d’età giovanile e che il primo incontro con un alcolico è sempre più precoce; crescono inoltre i tentativi di suicidio e comportamenti parasuicidari ad alto rischio a cui purtroppo si dà ancora poca importanza, come la “moda” di procurarsi volontariamente ferite e tagli. In tutti questi casi ci sono disturbi dell’autocontrollo e impulsività che possono essere acuiti dall’abuso di sostanze e da patologie mentali sottostanti».
Alcol e sostanze spesso vanno a sommarsi a disagi psicologici degli adolescenti: gli esperti stimano infatti che uno su tre soffra di ansia, quasi il 15 % di disturbi dell’umore che nella maggioranza dei casi compaiono intorno ai 13 anni. In alcuni casi sono proprio le sostanze stupefacenti a portare a galla il malessere psichico, in altri accade l’inverso. Ma quando i fattori si sommano l’effetto può essere devastante e portare a comportamenti auto ed eteroaggressivi. Così si stima ad esempio che dal 5 al 15% degli adolescenti pensi al suicidio, mentre ogni anno tenta di togliersi la vita circa l’1% dei ragazzi; il 10% riprova nel giro di sei mesi dal primo tentativo, il 40% entro meno di due anni. I decessi per suicidio in Italia sono circa 120 ogni anno, con i ragazzi che si tolgono la vita sei volte più spesso rispetto alle ragazze; si tratta della terza causa di morte nella fascia d’età adolescenziale ed è perciò un problema su cui è necessario porre l’attenzione. «Per affrontare bene il disagio psichico negli adolescenti avremmo bisogno di servizi dedicati, di cui l’Italia purtroppo è molto carente – osserva Claudio Mencacci, presidente del Congresso e direttore del dipartimento di Psichiatria dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano –.
L’età adolescenziale è una sorta di “terra di mezzo” per cui né i servizi di neuropsichiatria infantile, per lo più gestiti da pediatri, né i servizi psichiatrici per adulti sanno dare una risposta ideale. Anche i servizi per le tossicodipendenze e quelli psichiatrici spesso sono scollegati fra loro, così non di rado il paziente viene “perso” nel balletto fra l’uno e l’altro. Servirebbe invece una razionalizzazione delle risorse e la creazione di centri dedicati all’adolescenza, anche perché ormai è noto che intercettare il malessere psichiatrico prima possibile è fondamentale per riuscire a risolverlo anche una volta diventati adulti».
«Purtroppo oggi la prevenzione e l’osservazione dei comportamenti a rischio è demandata a scuola e famiglia, che troppo spesso sono senza risorse per capire e finiscono per rimpallarsi responsabilità senza venire a capo del disagio dei ragazzi – interviene Eugenio Aguglia, presidente della Società Italiana di Psichiatria –. Famiglia e scuola infatti scambiano spesso il comportamento inadeguato in classe o in famiglia per un problema educativo, mentre spesso i segnali di malessere sono semplicemente la manifestazione di un disagio mentale più profondo. Quando un giovanissimo è “difficile” perché ha un rendimento scolastico altalenante, problemi di socializzazione o comportamenti a rischio, non deve essere etichettato come un ragazzo problematico. Bisogna indagare sui motivi delle difficoltà e capire se alla base c’è una patologia psichica. Importantissimo anche valutare e controllare le attività dei figli in rete: purtroppo sul web si trovano siti di ogni tipo molto pericolosi, che ad esempio consigliano come trovare le droghe più diverse o i metodi per tentare il suicidio: non è giusto spiare i figli, ma è assai opportuno fare in modo che la loro navigazione sul web sia più sicura possibile, ad esempio utilizzando “blocchi” per i siti pericolosi».
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