Se c’è una ragione che non consente di restare indifferenti sfogliando l’ultimo libro di Wendell Berry “La risurrezione della rosa”, è … la sua copertina.
Ebbene, la foto ritrae un agricoltore (amish) che serenamente, alle soglie del 3° millennio utilizza animali da tiro per coltivare i suoi campi.
Anzi, per nulla turbato Wendell Berry, questo contadino, scrittore e poeta del Kentucky aggiunge: “Le fattorie che si affidano all’energia dei cavalli funzionano bene, non solo perché hanno un alto rendimento energetico, ma perché sono creature vivente quindi si inseriscono armoniosamente in un modello di rapporti che mettono in corrispondenza l’ecosistema con il raccolto il campo con l’agricoltore. In altre parole, ecosistema, fattoria, campo coltivato, cavallo, famiglia, comunità, sono per certi versi cruciali,simili l’uno all’altro. Per esempio sono tutte legati alla salute, alla fertilità o riproduzione più o meno allo stesso modo. La salute e la fertilità di ciascuno implica ed è implicata nella salute e nella fertilità di tutti”.
Ora, affermare che il cavallo abbia un rendimento energetico maggiore del trattore potrà suscitare l’ilarità dei nostri studenti di agraria!. Ma pretendere, come dice questo “profeta contadino” di “rapportarsi armoniosamente con le altre creature viventi….. farà sbellicare dalle risate tanti tecnici e agricoltori “convenzionali” ! Ma dove vive costui?
L’agricoltura è una attività economica e nel mercato non c’è posto per concezioni ludiche o pratiche nostalgicamente bucoliche dei “bei tempi andati”!
E con queste idee “forti” che abbiamo dichiarato guerra al resto delle creature viventi una guerra senza frontiere a tutti e a tutto senza esclusione di colpi!
Gli ecosistemi terrestri, fluviali, marini divennero campi di battaglia “sputando” in aria ogni sorta di veleno, appestando l’aria e incrementando il tasso di anidride carbonica.
E’ il prezzo del benessere! “volete, forse, chiudere la luce, volete tornare alle caverne”?
A parte che se uno liberamente lo vuol fare, ben venga, nel senso che nel ritornare in campagna, e tornare a vivere nella sobrietà e nella semplicità non sembra sia una cosa così stravagante. Tuttavia il discorso è più complesso. Nel suo libro Wendell Berry difende con orgoglio e passione i saperi tradizionali, il valore delle economie locali, la socialità la memoria storica la manualità le buone pratiche agricole. Resta invece in eludibile, come un macigno, il problema della “tecnica” o meglio, della “sostenibilità” delle attività umane.
Nella tradizionale cultura contadina ,quando coltivare la terra voleva dire accudire e curare il sapere non era disgiunto dal fare, “sapirifari” e comunque l’operosità del contadino non “provocava” la terra del campo. Nel seminare il grano egli affida la semente alla forza di crescita della natura e veglia sul suo sviluppo. La terra viene “provocata” come sostiene il filosofo tedesco Martin Heindegger quando si “disvela” come bacino carbonifero o come riserva di minerali o quando l’agricoltura diviene industria meccanizzata. E’ così mutato il nostro “rapporto” con la terra, il modo come la si vede nella realtà e come la si vive , modifichiamo “l’ambiente”, ma forse, non abbiamo la piena consapevolezza che esso modifica anche noi!
Wendell Berry analizza con intelligenza e sensibilità la nostra moderna realtà agricola, da cui declina l’economia alimentare. Perciò ha coniato il motto che “mangiare è un atto agricolo” ossia, che siamo noi, con i nostri modelli alimentari, con i nostri stili di vita quotidiana a “modellare” i sistemi di coltivazioni e produzioni agroalimentare.
Giuseppe Bivona