Andrà in Guatemala in veste Onu anche per dire sulla trattativa Stato-mafia tutto quello che sa e che non ha potuto dire in Italia in veste di magistrato. Il procuratore aggiunto a Palermo, Antonio Ingroia, dovrebbe assumere il nuovo incarico a novembre.
A quel punto si sentirà «con le mani più libere» per fare, «magari, una denuncia pubblica».
Ingroia non ha mai nascosto di ritenere che i fili della mafia portino alle alte sfere. Lo ha ribadito davanti agli studenti dell’università di Firenze: «Ci sono molti in Italia, dentro la mafia, dentro le istituzioni, ex uomini delle istituzioni, che» sulla trattativa «la verità la sanno tutta» e bisogna «fra virgolette costringerli a dirla», bisogna vincere le loro «omertà» e i loro «depistaggi».
Secondo il magistrato, la polemica contro i pm di Palermo è stata scatenata proprio «per non affrontare i temi della trattativa e della verità su quelle stagioni». E se le indagini ci sono state è anche grazie a «quell’Italia e a quel movimento che chiedeva verità e giustizia».
Le polemiche «fanno male e questo finisce per danneggiare anche l’immagine delle indagini e dell’ufficio» ha detto Ingroia, ammettendo che anche quelle hanno influito sulla decisione di accettare l’incarico in Guatemala. Spera che finiscano.
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