Alicia Keys – «Mi chiamo Augello e nelle vene scorre sangue siciliano». In Italia mi sento a casa. Quando cantai a Palermo fu la realizzazione di un sogno. Da Sciacca la famiglia di mia madre.
Che c’entra Alicia Keys con Bob Dylan? Nulla. Eppure l’artista di New York ha l’onore di una citazione in Thunder on the Mountain: «Stavo pensando ad Alicia Keys, e non ho potuto fare a meno di piangere. / Quando lei è nata ad Hell’s Kitchen, io vivevo a sud. / Mi chiedo dove diavolo potrebbe essere ora Alicia Keys».
Lei commenta: «Quando ho saputo che Dylan mi aveva citata ho pensato che qualcuno si stesse prendendo gioco di me! Come poteva una tale leggenda conoscermi? E decidere di scrivere di me? Ero eccitata e onorata».
Da allora, correva l’anno 2006, la ragazza venuta al mondo 32 anni fa nel sobborgo di New York cantato da Dylan ha venduto più di 30 milioni di album, ha fatto incetta di Grammy Awards (ben 14), ha cantato al Super Bowl, ha una parallela carriera cinematografica, è diventata direttore creativo di una società di telefonia mobile e può vantare tra i suoi amici Barack e Michelle Obama: con il primo ha cantato all’investitura presidenziale dello scorso anno, cambiando il ritornello del suo recente tormentone Girl on Fire in “Obama on fire”, mentre con Michelle «abbiamo tanti interessi in comune e ci vediamo spesso per parlare – racconta – Lei è molto interessata al mio progetto», che è il Fondo Globale per combattere l’Aids, la tubercolosi e la malaria nei Paesi del terzo mondo.
Le origini
Fin qui tutto normale. O quasi. Il sogno americano comprende anche questo. Più sorprendente è sapere che la first lady della black music abbia origini lontane. Dall’America e dall’immaginazione.
«Mi chiamo Alicia Augello Cook. Nelle mie vene scorre sangue siciliano e il mio carattere è mediterraneo, non c’è dubbio. Sono un tipo creativo – scrivo musiche, testi, poesie, racconti, recito – e molto passionale, istintivo», si presenta al suo arrivo in Italia dove il 19 giugno al PalaOlimpico di Torino sarà in concerto. «Mi rendo conto di appartenere a questa terra appena scendo dall’aereo: mi sento a casa – continua – Quando cantai a Palermo (luglio 2004, ndr) fu la realizzazione di un sogno. Dalla Sicilia proviene parte della famiglia di mia madre. L’unica cosa che mi dispiace è che mia madre mi ha raccontato che i suoi nonni, quand’era piccola, si parlavano in italiano senza farle capire nulla. Così lei non ha imparato la vostra lingua, e di conseguenza neanche io». Terri Augello, il nome della mamma, una donna irlandese figlia di emigrati di Sciacca. Giamaicano, invece, il papà Craig Cook.
All’interno di questo labirinto di personaggi, si trova la musicista consumata che a 7 anni ha iniziato a suonare il pianoforte classico ed a 16 ha ottenuto il primo contratto discografico.
«Ho sempre amato i pianoforti, quando li vedevo nei negozi o nelle case di amici li fissavo, me li mangiavo con lo sguardo, volevo a tutti i costi imparare a suonarli. Con il piano ho coltivato un legame fortissimo, un rapporto indipendente che esclude il resto del mondo».
Lo show
Sul palco, adesso, Alicia Keys passa indistintamente dal pianoforte (Tears always wine) alle percussioni (Girl on Fire) e al synth. Con la voce che si ritrova vola non soltanto nei cieli dell’rhythm’n’blues, ma plana anche sui territori dell’hip-hop vecchio stile, del rock a basso volume, del pop dolciastro, del nuovo soul. Un’artista che ambisce ad essere “totale”, come dimostra il fatto che si produce, si arrangia e si scrive i testi da sola. Che sogna una carriera alla Barbra Streisand, raccogliendo l’eredità di Whitney Houston, e duetti con Prince e Lauryn Hill. Un fare onnivoro che forse va un po’ a danno dell’intensità.
Giuseppe Attardi LaSicilia
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Alicia keys e la nipote di mubarak