I carabinieri tengono il suo telefono sotto controllo e venerdì sera hanno intercettato una sua chiamata al teste chiave nonché parte offesa del processo in cui
, 52 anni, è imputato di tentata estorsione in cui preannunciava l’invio di una e-mail con le domande che il suo avvocato avrebbe fatto in aula.
E così all’alba di sabato i militari dell’Arma si sono presentati – su delega della Procura della Repubblica di Agrigento – nella villa al mare dell’ex consigliere comunale nonché più volte candidato sindaco di Agrigento per una perquisizione domiciliare. I carabinieri hanno visitato anche lo studio legale e l’abitazione di Arnone ad Agrigento nonché l’abitazione di Maria Grazia Di Marco, la donna che dovrà testimoniare nel processo quale parte offesa. I militari hanno sequestrato i computer di Arnone – compresi quelli in uso alla moglie e al figlio – le pen drive e diversi documenti inerenti il processo per tentata estorsione. L’accusa che la Procura di Agrigento – l’inchiesta è coordinata dal sostituto procuratore Andrea Maggioni – ha formulato è quella di corruzione di testimone.
La vicenda è legata al processo per tentata estorsione nei confronti di Maria Grazia Di Marco per il quale domani mattina davanti al Gup del Tribunale di Agrigento Stefano Zammuto si terrà l’udienza decisiva che giungerà, probabilmente, anche ad una sentenza visto che l’avvocato Arnone ha chiesto il giudizio abbreviato.
Il processo è scaturito da una denuncia che la donna ha presentato nei confronti di Arnone nell’ambito di un contenzioso per la vendita di un immobile. La nuova inchiesta da cui è scaturita la perquisizione domiciliare di ieri mattina – ipotizza che Arnone abbia intrattenuto, alla vigilia dell’udienza, una conversazione telefonica con Maria Grazia Di Marco nonché uno scambio di mail contenenti le domande che saranno formulate nel corso dell’udienza di domani. Domande che sarebbero state inviate anche all’avvocato Arnaldo Faro che assiste Arnone nel processo in questione. I carabinieri si sono presentati intorno alle 4 e hanno anche ripreso con una videocamera le fasi della perquisizione domiciliare. Il provvedimento ordinato dal sostituto procuratore Maggioni è stato probabilmente dettato dalla circostanza che gli investigatori – che tengono sotto controllo il telefono di Giuseppe Arnone – abbiano ascoltato proprio la conversazione tra l’imputato Arnone e la testimone Di Marco. Conversazione che, secondo la Procura, non è legittima e che anzi configura il reato di corruzione di testimone.
Giuseppe Arnone, nel corso di una conferenza stampa, ha respinto le accuse e ha spiegato di essere legato da una lunga amicizia con Maria Grazia Di Marco. L’avvocato nel lungo prologo della sua conferenza stampa ha distribuito il testo della mail ed ha comunque ammesso, a sostegno della tesi secondo cui tra i due vi è un rapporto di amicizia consolidato, di avere più volte aiutato economicamente la donna, anche per spese correnti come la riparazione dell’automobile.
Secondo Arnone il versamento di quei soldi non dimostrano alcuna corruzione: «Si tratta di soldi che le ho prestato e che mi restituirà, dunque nessuna corruzione». Ha insomma sostenuto che quei favori «economici» non siano serviti per ottenere una testimonianza «morbida». Anzi, Arnone ha anche sostenuto che la firma in calce alla costituzione di parte civile della Di Marco nel processo nei suoi confronti sia stata falsificata. Lo stesso Arnone ha definitivo «lecito» l’invio delle domande alla testimone: «Le ho depositate in Tribunale e sono le stesse che ho inviato via mail». A margine della conferenza stampa ha poi rivelato che anche la moglie (che è un medico) è finita sul registro degli indagati per falso: avrebbe firmato un certificato attestando l’impossibilità del marito a recarsi a Caltanissetta ad una udienza in Tribunale.
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