Last updated on Ottobre 4th, 2012 at 01:33 pm
La procura della Repubblica di Palermo passerà al setaccio le spese dei gruppi parlamentari dell’Ars. Il procuratore aggiunto, Leonardo Agueci, che coordina il pool che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione, ha aperto un fascicolo a carico di ignoti e non è ipotizzato alcun reato. Per l’iniziativa giudiziaria si è fatto ricorso al cosiddetto «modello 45»: registro degli atti non costituenti reato. Sulla scia di quanto avvenuto nel Lazio, insomma, si intende accertare se siano state effettuate «spese pazze» e ingiustificate anche in Sicilia. Ma non sono solo quelle di Palermo e Roma le procure della Repubblica ad investigare per verificare come siano stati spesi fondi pubblici. Al lavoro, infatti, sia pure per fattispecie diverse, sono anche le Procure di Cagliari, Napoli, Bologna e Milano che indagano sulle rispettive amministrazioni regionali.
Ad acquisire i bilanci dei gruppi parlamentari dell’Ars è stata delegata la Guardia di finanza. Oltre gli atti relativi alle spese dei gruppi parlamentari, secondo indiscrezioni, dovrebbero essere acquisiti anche quelle sulle spese riversate del presidente della Regione. Titolari dell’indagine, oltre il procuratore aggiunto Agueci, sono anche i sostituti Sergio Demontis e Maurizio Agnello. Ma sulla vicenda è intervenuto il procuratore aggiunto Antonio Ingroia: «Non parlo delle indagini in corso – ha detto -. E’ chiaro che la procura di Palermo farà tutte le verifiche necessarie su tematiche così d’attualità come questa. E’ ben non candidare chi ha pendenze antiche o recenti».
Non è la prima volta che la magistratura mette mano alle spese dei gruppi dell’Ars. Negli anni passati anche la procura regionale della Corte dei conti ha voluto verificare come venissero spesi i fondi assegnati per il funzionamento dei gruppi parlamentari. Fu sollevato conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale che respinse il ricorso dell’Ars, essendo la gestione dei fondi destinati ai gruppi, attività amministrativa. La stessa Corte costituzionale, in un’altra circostanza, invece, negò l’acquisizione degli atti parlamentari, compreso il dibattito d’Aula, sulle concessioni per la riscossione dei tributi, perché si trattava di attività legislativa, che va salvaguardata.
Dunque, la polizia giudiziaria su mandato della magistratura potrà acquisire tutta la documentazione relativa alle spese effettuate sia per l’attività parlamentare che per quella politica. Probabilmente, i capigruppo avrebbero fatto meglio a rendere pubblici i bilanci. Finora, le spese dell’Ars sono sempre state coperte da una certa aura di intangibilità. Il bilancio dell’Ars viene varato nel più stretto riserbo dal Consiglio di presidenza ed approvato dall’Aula senza alcuna discussione. Probabilmente, tutto ciò cozza con la richiesta di trasparenza della pubblica amministrazione, sempre più travolta da scandali. Non è detto che sia così anche per l’Ars, peraltro, non c’è ancora alcuna «notizia criminis».
Però, inutile nasconderlo: il dubbio che il denaro pubblico attraverso vari espedienti non sia utilizzato per le finalità istituzionali, è molto alto. Gli antichi frequentatori di Palazzo dei Normanni raccontano il rifiuto ostinato che riceveva da Ninni La Cavera la richiesta dell’allora Pci di vederci chiaro nel bilancio della Sofis (Società finanziaria siciliana), finanziata interamente dalla Regione, ma essendo una Spa e, dunque, amministrata con criteri privatistici, l’Ars non poteva esercitare alcuna funzione di controllo».
Negli ultimi 4 anni e mezzo, la durata di queste legislatura interrotta anticipatamente dalle dimissioni del presidente della Regione, Raffaele Lombardo, i gruppi parlamentari hanno gestito circa 60 milioni di euro. Una somma esorbitante. Il capogruppo del Pdl, Innocenzo Leontini, ora capolista del Pid-Cantiere popolare, sulle somme da lui gestite, ha detto: «I soldi assegnati al gruppo del Pdl sono stati spesi per finalità relative alle attività del gruppo. Complessivamente non saprei dire l’ammontare, domani pubblicheremo la scheda, il funzionario che si occupava del bilancio è stato fuori per motivi di salute». Il gruppo parlamentare del Pd ha messo il suo bilancio, certificato, a disposizione di coloro che intendessero consultarlo.
Il presidente dell’Ars, Francesco Cascio, da parte sua, ha rilevato: «Posto che i fondi riservati, essendo tali non necessitano, di alcuna rendicontazione, non avendo però io nulla da nascondere e avendo sempre agito nella totale trasparenza, non ho alcun problema a rendicontare le spese». Ai giovani di Grande Sud che gli chiedevano di rendicontare le spese, Cascio ha replicato «che sarebbe utile lo facesse altratto Gianfranco Miccichè che è stato per due anni presidente dell’Ars». L’ufficio stampa di Grande Sud ha ricordato a Cascio che Miccichè rendicontò fino all’ultimo centesimo: «Ora faccia lui la sua parte».
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