Diciotto pescatori di Mazara del Vallo sono sotto sequestro da novanta giorni in Libia, con accuse incomprensibili, dalle milizie di Haftar. I nostri conterranei sono prigionieri del signore della guerra più potente della Libia che probabilmente li usa come merce di scambio con l’Italia.
Perchè l’Italia non tratta per liberare i nostri connazionali nelle grinfie di queste bande armate?
Perché la sorte di diciotto pescatori non ci muova a un minimo di solidarietà contro questo sopruso?
Purtroppo in questo caso l’opinione pubblica, silente ed indifferente, non sta mostrando come in altri casi la sua indignazione. Sgomento e rabbia che, giustamente, è stata invece manifestata contro la detenzione in Egitto dello studente Patrick Zaki o per i due marò prigionieri in India. Abbiamo festeggiato quando qualche italiano è stato liberato dopo lunghe e onerose trattative. Adesso regna invece soltanto il silenzio.
La vicenda dei pescatori forse risulta meno “di tendenza” rispetto ad altre storie che in passato ha visto unire, sotto un’unica bandiera, anche tutte le forze politiche. Come se i pescatori di Mazara del Vallo fossero italiani di un’Italia minore, appartenenti a una categoria troppo umile per cui non vale la pena prestare tanta attenzione. Sequestrati da tre mesi e nell’indifferenza del mondo.
Giacomo Lanzarone è nato a Menfi nel 1983. Ha studiato in Emilia Romagna conseguendo la Laurea in Informatica. Dopo alcune esperienze professionali in Ferrari e Maserati, nel 2017 è emigrato nella sedicente Padania.
Da alcuni anni si è specializzato come tecnico ERP Infor LN. Oggi si occupa anche di Business Intelligence, con l’ausilio di Infor Dynamic Enterprise Performance Management (Infor d/EPM).
Determinato, sportivo, amante della buona cucina e dei piaceri della vita. Ama viaggiare, allargare i suoi orizzonti e scoprire nuove culture.