La scrittura, inventata in Mesopotamia probabilmente oltre 5 mila anni fa, è nata per tenere traccia degli scambi di merci. Ricerche etnografiche hanno dimostrato che la sua funzione originaria era proprio quella di registrare e verificare i primi rapporti economici tra esseri umani: scritture contabili che facevano fede dei semplici passaggi di mano tra cacciatori-raccoglitori che stavano iniziando a specializzarsi e a diversificare la loro attività. Da allora, la transizione dal baratto al commercio con la creazione della moneta ha separato il valore d’uso dal valore di scambio dei beni, dando vita a mercati ed economie complesse, basate su un sistema finanziario che, tra le altre funzioni, ha quella di gestione della moneta e quella, non secondaria, di certificazione degli scambi economici. Potrebbe sembrare impossibile, oggi, tornare a un sistema economico basato su una moneta senza un’autorità centrale che ne gestisca in maniera estremamente controllata l’emissione e a un sistema di pagamenti che possa fare a meno di intermediari finanziari per certificare la titolarità dei beni e il passaggio di proprietà.
Ma internet è riuscito anche in questo. Così la banca non è più un luogo dove bisogna andare, ma qualcosa che si può usare semplicemente con un device. In campo finanziario, il web apre alla possibilità inoltre di eliminare gli intermediari. A rendere concreta questa prospettiva è stato il bitcoin, una moneta digitale o, meglio, una criptovaluta, creata nel 2009 da un misterioso personaggio nascosto dietro lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. La moneta viene costantemente disseminata in rete, in una quantità finita che tende al totale di 21 milioni di unità (ognuna divisibile per otto decimali) e viene emessa sulla base di tempistiche stabilite utilizzando un database distribuito tra i nodi della rete che tengono traccia delle singole transazioni e sfruttano la crittografia per certificarne la proprietà. Il fenomeno del bitcoin ha rappresentato una rottura rispetto al passato: la criptovaluta è infatti una moneta digitale che può essere utilizzata come mezzo di pagamento, “cripto”, nel senso che la sicurezza è data dalla crittografia, e appunto “digitale”, perchè non è fisica come le tradizionali banconote. Bitcoin non è solo una forma di moneta per internet, ma una vera e propria “internet della moneta”, che prevede un protocollo, un linguaggio programmabile, una rete di computer e una piattaforma per costruire nuove applicazioni. Il cuore è costruito da un registro delle transazioni globale, pubblico e decentralizzato, dove sono trascritti per sempre trasferimenti di valore, senza chiedere il permesso a nessuna autorità.
La tecnologia su cui si basa tutta questa costruzione è conosciuta come blockchain ed è quella su cui si stanno concentrando le ipotesi di sistemi, non solo con funzioni finanziarie, che sfruttino sistema di certificazione non centralizzati. Il bitcoin si è trasformato in un’icona dei movimenti libertari della rete, materializzando l’idea di un sistema monetario senza una Banca centrale che lo gestisca e che ne detti le regole, a favore di un sistema economico-finanziario decentrato e indipendente dai poteri forti, basato su una fiducia distribuita, proprio sul modello paritario della rete. Su questo si è inserito un fenomeno speculativo che ha sfruttato l’assenza di autorità di controllo e piattaforme di cambio non sempre trasparenti per gonfiare le quotazioni del bitcoin dando vita a diverse bolle che hanno lasciato sul terreno qualche vittima. Allo stesso tempo la crittografia e l’assenza di regole condivise sull’identificazione delle controparti ha portato alcuni a utilizzare il bitcoin per attività di vario genere. Bitcoin traders app o altri software che promettono ad esempio ritorni economici immediati. Nel “profondo web” proliferano anche traffici illeciti che probabilmente hanno favorito e favoriscono riciclaggio di denaro sporco.
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