“Hanno trasformato il ricordo del giudice Falcone nel festino di Santa Rosalia”.
Non ha peli sulla lingua Claudio Fava, presidente regionale dell’Antimafia, che, in un lungo post su Facebook, ha scritto: “Al posto dei vescovi e dei turibolanti che spargono incenso, domani ci saranno i ministri romani, gli unici che avranno titolo per parlare (con la loro brava diretta televisiva) e per spiegarci come si combatte Cosa nostra”.
“Cioè – ha aggiunto – verranno loro, da Roma, per spiegarlo a noi siciliani, a chi da mezzo secolo si scortica l’anima e si piaga le ginocchia nel tentativo di liberarsi dalle mafie”.
Fava ha annunciato che domani non andrà a ricordare Giovanni Falcone nell’aula bunker di Palermo: “Preferisco andare a Capaci, nel luogo in cui tutto accadde, preferisco stare assieme a chi non ama le messe cantate sui morti. Il mio problema – ha poi spiegato Fava – non è che invitino Salvini. Il mio problema è che chiedano a lui di dire e a noi di ascoltare. Fossi io la sorella di Giovanni Falcone avrei chiesto a Salvini di venire e di tacere. Di ascoltare e di prendere appunti”.
“Se fossi io la Fondazione Falcone – ha aggiunto – avrei invitato i signori ministri nell’aula bunker di Palermo per ascoltare il procuratore generale di Palermo, il direttore del centro Impastato, il presidente della fondazione La Torre, il procuratore di Agrigento (quello che Salvini vuole denunziare), il sindaco di Palermo, il portavoce della cooperativa Placido Rizzotto che si occupa da vent’anni dei beni confiscati ai corleonesi, un paio di giornalisti che di mafia ne scrivono ogni giorno da un quarto di secolo, il presidente di Libera, quello di Addio Pizzo e magari anche il sottoscritto”.
E questo “per spiegare alle autorità romane quello che abbiamo imparato sulle antimafie di latta, sugli amici innominabili del cavaliere Montante a Roma e altrove, sul codazzo di senatori, nani, false vittime e ballerine che agitano la scena siciliana da molto tempo”.
“Ma così non sarà – ha scritto – verrà Salvini, e parlerà. Gli altri, muti. Pazienza. Commemorare (utilmente, non con i fuochi d’artificio) la morte di Falcone e degli altri caduti con lui pretende rigore di ragionamenti, condivisione di esperienze, domande e risposte sulla lotta alle mafie e sulle antimafie di cartapesta, pretende verità e rispetto, non ridicole passerelle in cui un manipolo di signori venuti da Roma, che capiscono di mafia quanto io capisco di canasta, ci verranno a spiegare, ad istruire, ad ammonire, a rassicurare. E noi zitti. Se fossi io la Fondazione Falcone avrei invitato i signori ministri nell’aula bunker di Palermo per ascoltare il procuratore generale di Palermo, il direttore del centro Impastato, il presidente della Fondazione La Torre, il procuratore della repubblica di Agrigento (quello che Salvini vuole denunziare), il sindaco di Palermo, il portavoce della cooperativa Placido Rizzotto che si occupa da 20 anni dei beni confiscati ai corleonesi, un paio di giornalisti che di mafia ne scrivono ogni giorno da un quarto di secolo, il presidente di Libera, quello di Addio Pizzo e magari anche il sottoscritto, per spiegare alle autorità romane quello che abbiamo imparato sulle antimafie di latta, sugli amici innominabili del cavaliere Montante a Roma e altrove, sul codazzo di senatori, nani, false vittime e ballerine che agitano la scena siciliana da molto tempo.
Ma così non sarà. Verrà Salvini, e parlerà. Gli altri, muti. Pazienza.
Io domani vado a Capaci.”.
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