Last updated on Ottobre 2nd, 2012 at 12:33 pm
La Sicilia ha un immenso patrimonio culturale, ma non lo sa promuovere, tanto meno sul web che pure è il luogo dove oggi si decide del successo turistico e culturale di un territorio, e a maggior ragione lo sarà nel futuro quando cresceranno i «nativi digitali». I dati dicono che stiamo perdendo in attrattività e in competizione culturale, basti pensare che, rispetto al 2006, i visitatori sono diminuiti di 700.000 unità attestandosi intorno ai 3.800.000. E se non cominceremo a fare martketing culturale e web marketing la situazione è destinata a peggiorare.
A fare il quadro, disarmante, della situazione è l’archeologa catanese Elisa Bonacini che, nel suo studio «La visibilit@ sul web del patrimonio culturale siciliano» – che sarà presentato domani, alle 17, ai Benedettini per il ciclo di conversazioni promosso dalle «Officine culturali» – presenta esempi e riflessioni sul mancato o pessimo utilizzo delle nuove tecnologie e del web 2.0 applicato ai beni culturali.
Innanzitutto va detto che nei siti istituzionali nazionali, a partire da quello del ministero per i Beni culturali, la Sicilia è quasi assente poiché, essendo a Statuto speciale, il suo patrimonio è di proprietà regionale. E questa è una prima assurdità: presentare il nostro patrimonio in base alla proprietà (statale, regionale, comunale, religiosa, privata) anzicchè, come dovrebbe essere, per territori, temi, percorsi. Inoltre va rilevata la difficoltà di accedere alle informazioni istituzionali: bisogna entrare dapprima nel sito generale della Regione, da qui nel profilo del Dipartimento dei Beni culturali e da lì aprire le singole schede. E solo a questo punto si trova la traduzione in inglese. Ancora. L’unico portale ben fatto è «Cultura Sicilia», realizzato con un Por 2000-2006 dai disciolti Enti provinciali per il turismo. «Un portale ricchissimo – dice la dott. Bonacini – ma fermo al 2006 e con molti link che non si aprono. Ma così i portali muoiono! Né va meglio con quello dell’assessorato regionale per il turismo, “Sicilia per il turista”, che indica solo 17 siti e sempre gli stessi. E questo mentre bisognerebbe segnalare un ampio ventaglio di mete e destagionalizzare i percorsi. Ora, poiché oggi internet è «il» medium, questo significa non dare un’offerta culturale differenziata e, dunque, non intercettare la domanda e tanto meno crearla.
Va rilevato, inoltre, che sul web è possibile trovare con facilità soltanto i siti che si conoscono, ma così si rinuncia a promuovere i territori perché le ricerche sono lunghe e farraginose e i testi in italiano e solo di rado in inglese e in altre lingue. Insomma non abbiamo una strategia culturale. Basti pensare che è stato cambiato il nome del portale della Regione senza pensare che a questo erano collegati numerosi link che adesso non funzionano più. Un ennesimo caso di comunicazione mancata, di valorizzazione digitale del patrimonio culturale negata».
E gli esempi non finiscono qui. In occasione dell’arrivo della Dea di Morgantina la Regione ha attivato un ottimo portale sul museo di Aidone, con giochi per bambini, video e profili vari, peccato che si fermi al giorno dell’inaugurazione e che sia solo in italiano. Di contro il blog che un privato ha dedicato al museo è in 12 lingue, ma non ha l’ufficialità dell’istituzione e il turista non si basa sulle sue indicazioni. E va notato che anche il sito dedicato a Piazza Armerina – uno dei luoghi più conosciuti e visitati – è solo in italiano.
A Catania hanno un sito web soltanto il Museo Diocesano, l’Orto Botanico, due siti dell’Università – il «Monastero dei Benedettini» con Officine culturali e «La casa delle farfalle» del dipartimento di Zoologia – il museo delle Radio d’epoca alle Ciminiere, realizzato dalla Provincia, e alcune realtà private: palazzo Biscari, la galleria di Marella Ferrera, il «Museo paleontologico» dell’Accademia federiciana. E in provincia: il castello di Calatabiano, la «Casa del tè» di Raddusa, il «Museo delle lave e dei vulcani» a Viagrande. Unico museo virtuale, vecchio degli anni ’90, quello relativo alla collezione degli strumenti del dipartimento di Fisica.
Nel campo dei musei interamente virtuali – 10 in tutta la Sicilia – l’unica realtà realmente innovativa, secondo Elsa Bonacini, è «L’arca dei suoni», acronimo per «Archivio condiviso ed aggiornabile dei suoni», progetto realizzato dalla Regione in collaborazione con alcune scuole di Palermo, Trapani e Mazara del Vallo. Qui vengono raccolti suoni a rischio di estinzione come la voce delle campane, le «vanniate» dei pescatori e dei venditori, le cadenze tipiche, i vecchi dialetti… Un modo per tutelare e salvaguardare con strumenti tecnologici parte del patrimonio immateriale della nostra terra, un’istituzione culturale partecipata alla quale possono concorrere tutti i cittadini che così, come nelle capitali del mondo, diventano allo stesso tempo fruitori e produttori culturali.
Giacomo Lanzarone è nato a Menfi nel 1983. Ha studiato in Emilia Romagna conseguendo la Laurea in Informatica. Dopo alcune esperienze professionali in Ferrari e Maserati, nel 2017 è emigrato nella sedicente Padania.
Da alcuni anni si è specializzato come tecnico ERP Infor LN. Oggi si occupa anche di Business Intelligence, con l’ausilio di Infor Dynamic Enterprise Performance Management (Infor d/EPM).
Determinato, sportivo, amante della buona cucina e dei piaceri della vita. Ama viaggiare, allargare i suoi orizzonti e scoprire nuove culture.